Della fiera del bestiame di Nicosia, abbiamo, con grande fatica trovato pochissimi riferimenti storici, uno che attesta che già a Nicosia nel XII secolo si teneva saltuariamente una fiera del bestiame e dei prodotti della terra nello stesso periodo che di tenevano quelli di Enna e Piazza Armerina.
Secondo lo storico Francesco Figlia, che scrisse vari resoconti sulle fiere paesane, citava quella di Nicosia insieme a quella di Petralia attestava della loro esistenza già in epoca normanna (1154), scriveva che queste fiere "mercato che non la cede per nulla a quelli delle maggiori città", mercato che quindi esisteva già sicuramente dalla precedente epoca araba. e poi un altro riferimento di cui è attestata l'esistenza, lo abbiamo trovato nel Rinascimento.
Già dall’ora richiamava allevatori e compratori da ogni parte della Sicilia, e portava animazione all'intero di tutta la nostra cittadina.
La fiera si tenne per secoli ogni prima domenica del mese ed era dedicata a vari tipi di bestiame: agli ovini, suini, vacche,asini e muli, e anche cavalli.
Naturalmente, nella nostra “ piazzetta” si vendeva di tutto, dai prodotti della terra, agli accessori per l’attività di allevatore e agricola.
Venne soppressa a causa di problemi sanitari nella metà degli anni ottanta del secolo scorso e mai più ripristinata.
E' difficile per noi oggi comprendere quello che ha rappresento per la nostra comunità questa fiera del bestiame.
Per secoli e sino a poco più di una quarantina d'anni or sono, l'acquisto di un capo di bestiame grosso da parte di un piccolo allevatore, costituiva un passo di fondamentale importanza : l'investimento dei magri risparmi in un progetto economico, che doveva garantire la sopravvivenza dell'impresa familiare nel decennio a venire, un affare di rilevanza di certo superiore all'acquisto attuale di un'autovettura.
Un ruolo cruciale nelle fiere di bestiame aveva la figura del sensale, di cui ho già scritto in questo Germinal.
MI raccontava mio nonno Nardo anche lui “ sensale” occasionale, che nei casi più ostici, estremo rimedio usato da lui, fosse quello di condurre le due parti in un luogo dove picchiasse il sole, in modo che "cu li corna a lu suli, la testa ca ci cucìa", fosse più facile che qualcuno cedesse.
Altro mezzo, un po' più rude, era quello di afferrare l'orecchio del venditore - in genere il padrone di un animale - e torcerlo fino a che non potesse che "accuzzari 'n terra la testa " in segno di accettazione Ma la cosa che ancora io ricordo di quella splendida fiera del bestiame che era la nostra “ Piazzetta” era vedere Il contadino che portava l’animale da vendere alla fiera, indossare i pantaloni lunghi di velluto rigato, il panciotto della festa, nella cui tasca interna la moglie ha riposto carte e denaro, la "birritta" tonda.
Armato di un bastone lungo, in groppa all’asino con le bisacce nuove di lana ben in vista , nelle cui tasche abbondavano formaggio e cipolla, pane e vino.
Era tutto pronto per una giornata di negoziazione e d’affari.
Altri tempi, altra Nicosia
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