Il 15 settembre del 1993, per mano della mafia agli ordini dei fratelli Graviano, veniva ucciso don Pino Puglisi che aveva dedicato la sua vita al sacerdozio, nell’ordinarietà dell’azione quotidiana incisiva e silenziosa. Un prete che non amava etichette e ostentazioni di potere e che nel trentennale dalla morte viene ricordato più dai laici che dai "colleghi". Perché? Perché nell'ennese, in occasione del libro a lui dedicato da Procaccianti nessun prete l'ha voluto omaggiare? Lasciandolo ai mangiapreti, che riconoscono il valore delle persone per le azioni compiute e non per le divise indossate. Perché a Leonforte e Nicosia nessun uomo di Dio ha dedicato al prete degli ultimi una parola? Avranno avuto di meglio da presenziare e fare, certamente , ma sarebbe stato interessante sentire una loro riflessione sul metodo Puglisi: vivere il Vangelo senza clamori e onori. Interessante sarebbe stato sentire anche l'opinione degli antimafia per professione dato che don Pino a chi gli chiedeva cosa si provasse ad essere prete antimafia rispondeva: «io sono prete e basta, perché essere prete significa automaticamente contrastare il malaffare, la violenza, l’oppressione». Un uomo così non poteva vivere a lungo , nel Paese delle maschere. Fra le tante parole spese in sua memoria, una è tornata costantemente: dialogo. Dialogo che non significa trattativa. Gaspare Spatuzza, uno dei due esecutori materiali dell’omicidio di don Pino e Giuseppe Quadrano, l’assassino don Peppe Diana, hanno sempre detto di essere rimasti profondamente colpiti dagli occhi, dallo sguardo di don Pino e di don Peppe nel momento in cui stavano per morire. Occhi che guardavano i loro assassini. Giovanni Falcone diceva: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia. Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale”» e don Pino Puglisi l'aveva aveva capito. La mafia non è solo l’organizzazione criminale che spara e terrorizza, la mafia è una mentalità, è un modo di vivere e di stare al mondo. mafia vuol dire far credere che un diritto sia un favore; vuol dire prepotenza, abuso di potere e insofferenza per chi non ci è asservito. Padre Pino Puglisi era semplicemente un prete che predicando il Vangelo trovava naturale combattere un sistema opprimente tollerato anche dallo Stato assente e da una Chiesa supponente. Se i preti facessero semplicemente i preti e le cittadine ed i cittadini semplicemente il loro dovere, le mafie non esisterebbero più, ma è più facile "annacarsi" o fare teatro fuori dal palcoscenico o anche ...per un cammello passare dalla cruna di una ago.
Il 15 settembre del 1993, per mano della mafia agli ordini dei fratelli Graviano, veniva ucciso don Pino Puglisi che aveva dedicato la sua vita al sacerdozio, nell’ordinarietà dell’azione quotidiana incisiva e silenziosa. Un prete che non amava etichette e ostentazioni di potere e che nel trentennale dalla morte viene ricordato più dai laici che dai "colleghi". Perchè? Perchè nell'ennese, in occasione del libro a lui dedicato da Procaccianti nessun prete l'ha voluto omaggiare? Lasciandolo ai mangiapreti, che riconoscono il valore delle persone per le azioni compiute e non per le divise indossate. Perchè a Leonforte e Nicosia nessun uomo di Dio ha dedicato al prete degli ultimi una parola? Avranno avuto di meglio da presenziare e fare, certamente , ma sarebbe stato intreressante sentire una loro riflessione sul metodo Puglisi: vivere il Vangelo senza clamori e onori. Interessante sarebbe stato sentire anche l'opinione degli antimafia per professione dato che don Pino a chi gli chiedeva cosa si provasse ad essere prete antimafia rispondeva: «io sono prete e basta, perché essere prete significa automaticamente contrastare il malaffare, la violenza, l’oppressione». Un uomo così non poteva vivere a lungo , nel Paese delle maschere. Fra le tante parole spese in sua memoria, una è tornata costantemente: dialogo. Dialogo che non significa trattativa. Gaspare Spatuzza, uno dei due esecutori materiali dell’omicidio di don Pino e Giuseppe Quadrano, l’assassino don Peppe Diana, hanno sempre detto di essere rimasti profondamente colpiti dagli occhi, dallo sguardo di don Pino e di don Peppe nel momento in cui stavano per morire. Occhi che guardavano i loro assassini. Giovanni Falcone diceva: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia. Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale”» e don Pino Puglisi l'aveva aveva capito. La mafia non è solo l’organizzazione criminale che spara e terrorizza, la mafia è una mentalità, è un modo di vivere e di stare al mondo. mafia vuol dire far credere che un diritto sia un favore; vuo dire prepotenza, abuso di potere e insofferenza per chi non ci è asservito. Padre Pino Puglisi era semplicemente un prete che predicando il Vangelo trovava naturale combattere un sistema opprimente tollerato anche dallo Stato assente e da una Chiesa supponente. Se i preti facessero semplicemente i preti e le cittadine ed i cittadini semplicemente il loro dovere, le mafie non esisterebbero più, ma è più facile "annacarsi" o fare teatro fuori dal palcoscenico o anche ...per un cammello passare dalla cruna di una ago.
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