Il marito la picchia ogni giorno, anche senza motivo, per sfogarsi, perché è nervoso, perché la disprezza anche se gli fa da serva. Lei fa da serva anche al suocero, che vive a letto, le palpa il sedere e suggerisce al figlio di picchiarla meno ma meglio, come faceva lui con sua moglie.Lei nasconde i lividi e lavora tutto il giorno - nel film della Cortellesi, C'è ancora domani- fuori e dentro casa, senza mai ribellarsi, discutere, reagire, e tu ti chiedi perché mai le percosse e i calci del marito diventano una danza: è lei che trasfigura la realtà per superarla? O e' la regista che estetizza la violenza, e la maschera, per dirci che è normale in quegli anni di patriarcato ottuso e brutale? Mi ha disturbato quest'operazione cosmetica della violenza, oggi allarmante e presente più di ieri. Quanto al finale, costruito come un congegno esatto per depistare e sorprendere lo spettatore, arriva a mio avviso senza indizi anche per la protagonista, che in tutto il film non ha manifestato alcun interesse di tipo politico o civile, e al rientro a casa probabilmente troverà le sberle del marito. Peccato, perché il film è girato benissimo e gli attori sono bravi: dunque andate a vederlo, e discutiamone.
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