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Immagine del redattoreGabriella Grasso

I giornalisti possono essere (ancora) querelati?

La segreteria regionale di Assostampa Sicilia e il Gruppo Cronisti e la segreteria provinciale di Enna e centinaia e centinaia e centinaia di persone hanno dichiarato solidarietà al giornalista Josè Trovato, querelato dai figli di Raffaele Bevilacqua, boss di Enna deceduto l'anno scorso. La querela è un esercizio giuridicamente normato, che consente a chi crede di aver subito un'ingiustizia o un'offesa di chiederne conto e ragione, un diritto per chiunque anche per i figli di un boss. "La querela rientra nei rischi del mestiere di giornalista così come gli incidenti stradali per gli autotrasportatori" (cit. Marco Travaglio). Sarà l'azione giudiziaria a dimostrarne la validità o l' inconsistenza. Il giornalista Josè Trovato ha pubblicato le parole del suo avvocato e ringraziato quanti gli hanno mostrato affetto e vicinanza, ma una domanda sorge spontanea: la querela al giornalista Josè Trovato deve essere intesa come un'intimidazione o una possibilità di giustizia anche per i figli di Bevilacqua (boss di Enna, deceduto l'anno scorso), che sentono di aver subito un torto? Interroghiamoci sul mestiere del giornalista, lato sensu, tralasciando per un momento la vicenda del giornalista Trovato (certi della sua comprensione per questa momentanea distrazione) e proviamo a ragionare sulla professione. Il giornalismo, inteso non come possesso di un tesserino marcato OdG, simulacro di un tempo che fu e presente oramai solo in Italia, ma nell’accezione di informatori e controllori a tutela dei cittadini Il giornalista, in passato, era visto come un ‘intoccabile’, anche per le ripercussioni che si potevano avere dai suoi articoli; in seguito, l’autorevolezza del cronista è vieppiù scemata, e con essa la tutela che ne consegue. Sono aumentate, invece, le faziosità fra colleghi (Sallusti contro Saviano è ormai un genere letterario) e la tendenza a atteggiarsi... " a fare u spacchiusu" (cit. Josè Trovato) . Ora tralasciando la professionalità indubbia di quelli che nella definizione anglo-sassone si chiamano watchdog, giornalisti che controllano il potere senza cedere a lusinghe e frequentazioni poco chiare e pagando personalmente per la propria integrità , quanti rientrano in questa categoria? Quanti riescono ad affrontare l'insofferenza del potere politico, ponendo domande scomode? E' certamente difficile fronteggiare il trend colpevolista che ha individuato nell’informazione il male assoluto, ma la sistematicità di un'azione volta a creare connubi e legami velenosi tra informazione e potere è da ricercare anche fra i giornalisti. Giampaolo Pansa, con una polemica forte, affermò che metà dei giornalisti era contigui ed asserviti e Bruno Vespa dichiarò candidamente di riconoscere la Democrazia Cristiana come proprio editore. Il conflitto di interessi è una particolarità italiana, che avvelena la vita pubblica e l’informazione spesso usata in maniera strumentale. Sintetizzando: lasciamo ai cittadini la libertà di querelare anche i giornalisti se credono di averne motivo, alla giustizia di fare il suo corso e ai giornalisti di ignorare la




mitomania, che lede ogni sacralità, anche quella del cronista, e naturalmente concludiamo dichiarando massima solidarietà al giornalista Josè Trovato, che ha dichiarato, dopo aver ringraziato l'onorevole Venezia per un post e una telefonata: "...cosa che varrà sempre. Mi pare ovvio, pure per coloro che pensano di zittirmi con un messaggio, un avvertimento o una querela (l'ultima azione del genere, presentata dal figlio di un altro mafioso, chiusasi pochi giorni fa)." Potrebbe (umilmente, ci permettiamo, da non-colleghi, di suggerire) rivedere lo stile, senza, ovviamente, chinare la schiena?



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