La storia del Conte Coniglio, la conosco veramente poco, tutto quello che leggerete di seguito e` il frutto di qualche ricordo giovanile e di certe storie che mi sono state raccontate anni addietro .
Molti anni fa`, attraversavo spesso piazza Garibaldi andavo a trovare i miei zii che vivevano nelle vicinanze del macello comunale.
Il mio piccolo paese si attraversava in una decina di minuti con passo svelto da ragazzo, ed ha tuttora un suo fascino molto particolare: non è propriamente in montagna, non è in pianura, ma vi si respira il contatto con la natura, si sentono e si intravedono anche in lontananza palazzi, chiese fin anche i ruderi del castello.
Nei cortile e nei quartieri piu` periferici si sentiva il latrare dei cani e si odorava verso sera il caratteristico profumo dell'erba bruciata.che proveniva dai campi vicini.
In autunno, ma soprattutto in inverno, scende quella sottile nebbiolina, un po' umida, che crea una sensazione piacevole di ricordi e suscita antiche nostalgie.
Qui sono nato io e qui è nato, nei primi del 900 del secolo scorso , il grandissimo Conte Coniglio.
Non era una persona comune.
La sua “normalità”,a differenza dei miei concittadini, aveva qualcosa di speciale: era caratterizzato da quella semplicità tipica delle persone eccezionalmente intelligenti che non si sentono mai arrivate alla meta, che hanno sempre qualcosa da imparare anche dai più umili, soprattutto da chi non ha studiato, perché proprio questi sono in grado di mantenere intatta dentro di sé quella spontaneità infantile, quella meraviglia di fronte a tutto che conduce alla saggezza.
Nella sua lunga vita e fino a gli ultimi attimi non fini mai di stupire e stupirsi.
Era un attore nato, forse anche , scrittore e poeta, un uomo a 360 gradi, un eclettico, un poliedrico, avido di vita, mai sazio di imparare, di esprimersi, di giocare divertirsi e far divertire.
Pare che non abbia mai conosciuto la tristezza e la noia di vivere, sempre pronto ad abbracciare con rinnovato entusiasmo una nuova avventura.
Il Conte Coniglio era così: semplice, umile, normalissimo, ma profondamente saggio, creativo, versatile e geniale.
La sua giornata era arte,in grado al contempo di suscitare il riso e la commozione .
Dietro la maschera del “giullare, si nascondeva l`uomo che faceva i conti con la dura quotidianita` del tempo, e con le difficolta` di portare avanti la famiglia e con il doversi confrontare giornalmente con l`arroganza di politici e baroni.
Qualche giorno fa` ho visto una foto che lo ritraeva mentre faceva l`autista ad un barone e mi ha fatto tornare in mente un fatto ai molti sconosciuto che qui voglio raccontarvi.
Un giorno, dovevamo essere alla fine degli anni venti, accompagno` con la macchina , in quanto autista, il barone e quella che sembrava essere la sua consorte, in una elegante villa di campagna.
Li aiuto` insieme a la servitu` a scendere le valige e un megafono, uno dei pochi che si vedevano in paese.
Entrato in casa, il barone chiese al Conte Coniglio se sapeva far funzionare quell`aggeggio ( il megafono) appena arrivato da Palermo, lui rispose che poteva provarci, in fondo sembrava facile da far partire.
Mentre cercava di capire il funzionamento, il barone tiro` fuori due dischi con su scritto in uno GIOVINEZZA, l`inno fascista e l`altro era L'INNO REALE.
Il Conte Coniglio, li osservo` ed alzo` gli occhi , guardo in faccia il barone e gli disse:
<< GHIAE VUOGGHIA DE SPETTĚ FINA A QUANDO IA TE FAZZO SCUOTĚ STĂ MUSECA FASCISTA ( hai voglia d`aspettare affinche io ti faccio sentire questa musica fascista) .>>
Il barone lo guardo` duramente, gli si avvicino` e lo schiaffeggio`.
Il Conte Coniglio, non reaggi`, gli giro` le spalle ed ando` via, lasciando quel lavoro, la macchina ed il barone con la consorte ,che non sapendola guidare,
ritornarono anche loro in paese, che distava quasi 20 km, a piedi.
Questa fu` una delle tante occasioni in cui ci ha sempre insegnato a distinguere nettamente l'apparenza dalla realtà e il suo personaggio ne è stato un esempio vivente.
La sua vena ironica, nascondeva una forza d`animo non comune.
Dolcezza dello sguardo che valeva molto più dell'avvenenza fisica.
Anche in punto di morte chiese ad un figlio: tu quante vite stai vivendo ? Il figlio stupito rispose << una, questa….>> Lui replico`<< mi dispiace per te , io ne ho vissuto tre. >>
Questo e tanto altro era il Conte Coniglio, un giullare di altri tempi, che ha insegnato a tutti noi ad essere saggi divertendoci, a leggere la realtà togliendoci dagli occhi quel velame di pregiudizi e preconcetti che ogni giorno ci annebbiano e ci avvelenano l'esistenza.
Concluderò con una sua frase divenuta famosa:
“Se mi dovesse capitare qualcosa, dite che lo sapevo gia`.”
Aldo G.La Ganga
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