Museo della Montagna.
I patrimoni di un territorio hanno diverse origini, ci sono quelli che vengono dalla essenza stessa del territorio, sono i boschi, le montagne, le rocce, le acque, e già in questo Nicosia fu baciata dalla fortuna, poi ci sono quelli dati dall’operosità degli uomini che in quel territorio vissero facendolo paesaggio. Uomini che per fede costruirono chiese e conventi, che per costrizione misero su castelli e palazzi, che si infilarono nel buio delle miniere, che persero la vita inseguendo greggi e belve, infine i patrimoni del nuovo, tesi a rendere leggibile e utilizzabile la lunga storia di quel territorio e del suo essere paesaggio e comunità.
Di questo ultimo tipo è il Museo Multimediale della Montagna Siciliana di Nicosia, un’opera gigantesca, finanziata da fondi comunitari con i programmi PISU PIST, progettata dal >Comune di Nicosia con il valido apporto del suo funzionario Gurgone, realizzata da una delle migliori ditte italiane nel campo della multimedialità.
Il Museo trova spazio in quella che fu un tempo la caserma San Martino, costruita per diventare il luogo delle guardie di montagna di Nicosia, poi abbandonata e successivamente ripresa per finire nuovamente non utilizzata sino alla sua scelta quale sede del Museo. Quasi un destino amaro per questo palazzone messo lì, sul versante solatio della puntuta Cia del Campanito.
Al suo interno, su due piani, una sala conferenze dotata di sistema di teleconferenza con un centinaio di posti, una reception d’avanguardia, delle sale per la ristorazione e, più su, una ala dedicata alla natura della montagna di Sicilia, con sale monografiche per fauna, flora, ambienti umidi e geologia, con pannelli, sistemi di proiezione interattiva, touch screen, mobili parlanti, splendide foto e, persino un sistema di profumazione computerizzata che distingue gli aromi nelle singole sale, e poi un ufficio regia, un laboratorio scientifico attrezzato con microscopi e piccola biblioteca, e due sale dedicate ai mestieri della montagna ed alla storica Azienda Speciale Silvopastorale del Comune di Nicosia. Un Museo da invidiare, per dotazione e per posizione. La struttura, inaugurata nel 2015, rimase non assegnata per oltre un anno sino a quando, a seguito di una manifestazione di interesse pubblicata dal Comune venne assegnata ad una Associazione di Scopo alla quale partecipava anche la ditta realizzatrice che si intestò il lancio del Museo. Così, sino al 2019, il luogo fu usato per le scuole, che vennero da più parti dell’isola, per i turisti e per gruppi che parteciparono a eventi di volta in volta organizzati dalla direzione museale affidata alla dr.ssa Di Natale, un’archeologa esperta di multimedialità applicata.
Poi il COVID, con la conseguente, obbligata, chiusura. Immaginate un luogo in cui il toccare sia alla base della visita che debba affrontare la continua disinfezione di schermi, manopole, visori e strumenti. Due anni di disastrosa e costosissima gestione che i membri dell’Associazione affrontarono stoicamente ma che, infine, portarono alla resa.
Andata via la Associazione il Museo rimase però lettera morta, l’ennesima avventura di una Nicosia che non sa andare oltre la schiuma, il chiacchiericcio, la sfilata in piazza. Così la struttura oggi è chiusa, dimenticata, in pericolo. Il suo destino sembra essere quello già percorso dal Nibbio, dal Parco del castello, dall’Orto delle Idee, tutte opere teoricamente capaci di portare chissà quali vantaggi ad una Nicosia che, come detto con i numeri dal Prof. Catania durante il dibattito sull’hub militare, DEVE invertire la rotta per consentire ai suoi giovani di avere motivi per rimanere e non solo stimoli a scappare.
Nicosia non merita l’abbandono di un tale patrimonio che, si badi, è costato diverse centinaia di migliaia di Euro e che ancora oggi rappresenta il più grande museo multimediale presente in Sicilia.
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