Capodanno, come si sa, è nient’altro che una convenzione sul fatto che la Terra abbia compiuto una rivoluzione attorno al Sole. Al di là del fenomeno astronomico, sta di fatto che giorno 1 gennaio è anche quel giorno in cui si festeggiano le liste broadcast e gli “inoltra” compulsivi su whatsapp e similari (l’ho fatto anche io) di messaggi freddi quasi a doversi togliere un obbligo. Similmente le telefonate (quando proprio non possiamo fare a meno) verso chi si sente solo una volta all’anno (a Capodanno, per l’appunto). Quasi un obbligo piuttosto che un piacere. Se fosse un piacere, infatti, perché non fare quella chiamata anche oggi, scrivere un messaggio anche oggi, avere il piacere di sentire qualcuno anche oggi? Siamo ormai sempre una società più sola, anestetizzata dai rapporti virtuali, intimoriti da un futuro internazionale più grande di noi fatto di guerre, crisi internazionali, addirittura minuscoli nemici che riescono a bloccare un intero Pianeta. Intimoriti anche da un “nostro” futuro incerto con uno Stato assente e una politica fallimentare che ha distrutto il mondo del lavoro e non riesce a garantire neanche la basilare dignità di ciascun essere vivente. Intimoriti nel presente, dato che certe pericolose retoriche ci fanno vedere l’altro come nemico, facendo piombare questa società nel dubbio e nella paura, non comprendendo che la diversità non deve far paura ma è ricchezza.
Qual è, quindi, l’augurio di oggi? Che da oggi, ogni giorno, possiamo scambiarci un vero augurio, avere la scusa di tessere rapporti con gli altri, costruirli, mantenerli, viverli senza essere mediati dal virtuale. La società di oggi è iperconnessa ma connette tante isole, e le statistiche lo dicono che sempre più italiani, o di fatto o psicologicamente, si sentono isolati dal mondo e sentono questa carenza che si ripercuote inevitabilmente in tutte le sfere dell’esistenza. L’augurio di oggi è di essere connessi, ma offline, recuperare il tempo, in questa società frenetica, di chiamare e incontrarsi con un amico, riprovare ad emozionarsi senza vergogna di una società che ci vorrebbe apatici, e perché no, anche provare ad innamorarci come meglio crediamo e vogliamo e non perché, in nome del progresso della nazione, “servono figli” (come crescono questi figli e se vivranno in una società migliore della nostra è un bel dilemma che chi pontifica non vuole affrontare).
Ecco, l’augurio è che ci sia una società più empatica e ragionevole (non razionale, attributo troppo freddo). D’altronde la vita non è una lotta contro gli altri ma, senza scomodare le religioni che hanno scritto le peggiori pagine di ipocrisia (in primis il Cristianesimo), richiamandoci a Schopenhauer, una condizione che viviamo assieme agli altri, anche e soprattutto nel dolore. E, come gli altri, abbiamo rinchiuso noi stessi nelle gabbie dei rapporti virtuali e della soppressione delle emozioni.
Auguri, quindi, di rinascita di queste emozioni e di fuga da queste gabbie.
Alain Calò
Comments