Enrico Mattei fu assassinato. E si trattò di un delitto di Stato.
Su questo non c’è dubbio.
Da ultimo il Gip di Pavia nel 2003, sulla base di una perizia di un ingegnere del Politecnico di Torino, dalla quale emerge che l’esplosione dell’aereo avvenne a causa di una bomba, riconosce che si è trattato di un attentato ed archivia il processo perché ovviamente non si conoscono gli autori materiali ed i mandanti.
Inchiesta molto diversa da quella disposta all’indomani dell’attentato dall’allora Ministro degli Esteri Giulio Andreotti, che nominò una commissione, presieduta da un Generale (qualche anno dopo figurerà tra i fondatori di Gladio), che concluse per un’ <<avaria tecnica>> o un <<errore del pilota>> durante l’atterraggio.
Mattei era un personaggio carismatico. Un sognatore, una persona capace e concreta. Idee chiare e linguaggio semplice.
Nel dopoguerra venne nominato commissario liquidatore dell’AGIP, perché l’azienda pubblica venisse rottamata ed assorbita da una compagnia petrolifera americana, lui fece esattamente il contrario.
Non la liquidò, anzi creò l’ENI, incorporandola. Per portare avanti il suo grande progetto di autonomia energetica dell’Italia si scontrò apertamente con i colossi petroliferi anglo-americani (le sette sorelle). Intraprendente e spregiudicato, non esitò a stringere rapporti commerciali con i Paesi del Magreb, sostenendo le spinte indipendentistiche contro le incrostazioni colonialistiche ancora presenti in Europa (Francia in particolare), si spinse fino in Persia ed addirittura nella Russia di Kruscev in piena guerra fredda a sottoscrivere accordi. Fondò un quotidiano, Il Giorno.
Insomma se era vero, come dicevano i suoi contemporanei, che “Mattei é l’ENI e l’ENI é Mattei”, il rischio di quel periodo era che l’Eni fosse l’Italia e che l’Italia fosse Mattei. E ciò non se lo potevano permettere il governo italiano, il patto atlantico, gli Stati Uniti.
A fare desistere Mattei ci tentò anche il segretario nazionale della D.C. del tempo, Aldo Moro, in una lettera recentemente venuta alla luce, con la quale lo invita timidamente a “rinunciare” alla presidenza dell’ENI. Invito che Mattei ovviamente declina.
E i responsabili dell’attentato?
Il giornalista-scrittore Michele Pantaleone ha ipotizzato il coinvolgimento dei servizi segreti inglesi ed il Procuratore Calìa, in un recente libro, l’intervento di quelli francesi. Si pensa che anche gli omicidi del giornalista Mauro De Mauro e di Pasolini, che avevano scoperto qualcosa di importante, possano essere legati al delitto Mattei. La mafia è chiamata pure in ballo dalle deposizioni di alcuni pentiti (Buscetta incluso).
Si tratta, come già detto, di un delitto giustificato dalla “ragion di Stato”.
La storia ci insegna che in questi casi gli “operativi” sono sempre i servizi, che, nella fattispecie, in maniera plausibile, hanno agito in cooperazione tra di loro, trattandosi di interessi politici ed economici internazionali.
E, poiché il sabotaggio è avvenuto in Sicilia, la mafia è stata certamente coinvolta ed ha dato il suo contributo logistico e determinante per la riuscita dell’atto criminale. Per finire, il segretario della DC siciliana era Graziano Verzotto, un faccendiere, incoscato con ambienti mafiosi ed eversivi, uno dei personaggi più torbidi della storia repubblicana.
Inquietante -non so se vero, ma certamente verosimile- l’invito dell’ultimo momento al Presidente della Regione D’angelo, che avrebbe dovuto accompagnare Mattei a Milano, a non salire sull’aereo.
Questo il quadro, drammaticamente chiaro che viene fuori, anche dalle inchieste giornalistiche e dalle indagini della Magistratura e che è giusto ancora analizzare, approfondire e definire.
Mattei è stato un antifascista ed al contempo un patriota.
Chi più antifascista di lui ?
Capo partigiano dell’ala cattolica, ha avuto un ruolo importante nella resistenza, guadagnandosi la stima ed il rispetto dell’intero Comitato di Liberazione Nazionale. Luigi Longo e Ferruccio Parri lo ammiravano e si interfacciavano con lui nell’adozione delle scelte strategiche più rilevanti. Democristiano su posizioni di sinistra, vicino a Giorgio Li Pira, Sindaco emerito di Firenze e a Gronchi.
E chi più patriota?
Il suo ambizioso progetto economico e politico, portato avanti con tenacia e fino alle estreme conseguenze, come si è visto, era volto ad assicurare l’indipendenza energetica al nostro Paese, nonché lavoro e migliori condizioni di vita per gli italiani.
Il binomio, antifascista-patriota, da sempre osteggiato dalla destra e, probabilmente per reazione, non amato neppure a sinistra, potrebbe rappresentare, soprattutto in questo momento storico, un punto di partenza e di discussione.
Personalmente non vedo alcuna contraddizione tra chi si batte contro ogni autoritarismo ed ogni tendenza liberticida ed ha a cuore il progresso ed il benessere del proprio Paese o, che dir si voglia, della Nazione dove vive. Chi è antifascista ben può essere anche patriota. Anzi deve esserlo.
In presenza di un antifascismo sciorinato solo a parole dai rappresentanti di questo nuovo governo, sarebbe auspicabile che un’idea forte di patriottismo potesse attecchire a sinistra.
Però occorrebbe abbandonare al più presto quel politicume correntizio e personalistico che vediamo spesso nei rappresentanti di una sinistra sbandata e cachèttica (termine che ho imparato da un mio carissimo amico che scrive anche su questo blog).
Forse oggi ci vorrebbe un Enrico Mattei.
Ma non credo che basterebbe. Ce ne vorrebbero cento. O anche più.
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