E' stata una riunione, avvenuta tra il direttore generale dell'ASP di Enna e le unità operative del pronto soccorso di Leonforte e del servizio anestesia dell'Umberto I, a rendere pubblica la decisione, presa in modo del tutto unilaterale da parte della dirigenza, di sospensione dell'attività di Dea(Dipartimento Emergenza accettazione) effettuato dagli anestesisti, per quanto concerne il presidio, compreso il pronto soccorso, di Leonforte. A tal proposito, è di qualche giorno fa una conferenza stampa tenutasi al comune di Leonforte, con la presenza anche del Sindaco e dei rappresentanti del comitato Pro ospedale, durante la quale si gridava a gran voce la reale situazione del Branciforti. Il sindaco, che peraltro risulterebbe essere a conoscenza dello stato agonico del presidio, così come della decisione da parte del manager dell’Asl di Enna, di non inviare più in servizio gli anestesisti, griderebbe, come soluzione, il "porta a porta per il ritiro delle schede elettorali per le prossime elezioni". Certo non sarebbe neanche la prima volta a proporre tale soluzione. Oltre alla proposta del ritiro delle schede elettorali però, nessuna iniziativa intrapresa nell’apprendere la notizia dell’assenza, dal primo luglio c.a. degli anestesisti. Di fatto, permetterebbe, al personale sanitario, che già opera con non pochi disagi, di essere esposti ad un altissimo rischio sanitario e con loro tutta la cittadinanza leonfortese. Il direttore generale, riterrebbe nello specifico, che i medici del pronto soccorso, essendo medici specialisti in medicina d'urgenza, (cosa peraltro non vera), sarebbero nelle condizioni di utilizzare la loro branca di riferimento, in quanto equiparabile a quella di anestesia, (anche questa cosa non vera). Una prima valutazione logica, sarebbe domandarsi perché in altri presidi ospedalieri, vedi Nicosia, Enna e Piazza Armerina, viene garantita la presenza del medico rianimatore. Altra considerazione logica, probabilmente anche concreta, sarebbe che la decisione unilaterale, parte integrante di un documento, che peraltro non sarebbe stato firmato da tutti i partecipanti, sarebbe una presa di posizione proprio nei confronti dei medici anestesisti. Per togliere l’imbarazzo, sarebbe stato più opportuno non attendere il dopo elezioni regionali, per la chiusura del presidio ospedaliero, sarebbe stato doveroso, nel rispetto del diritto alla salute, che la nuova veste di “Ospedale di comunità o Casa della comunità???”, seguisse un cronoprogramma reso manifesto a tutta la cittadinanza e non solo. La politica verrebbe prima della salute e subito dopo i soldi e a subirne gli effetti delle scelte al quanto discutibili del manager, saranno proprio i cittadini. I cittadini però hanno un'arma, quella del voto, vorrà dire che valuteranno, unilateralmente, quasi come conseguenza naturale, riportare la salute prima della politica sulla scala delle priorità. Altro assordante e non comprensibile, o forse sì, silenzio quello dei medici presenti nel nosocomio ed in particolar modo dei medici del pronto soccorso, i primi ad esseri esposti al “ primo o poi ci scappa il morto”, che purtroppo e loro malgrado, si ritrovano a dover subire la scelta “cui prodest” da parte della dirigenza Ennese. Su tale scelta, sarebbe ricaduta la “quaestio economica:” costano troppo”… peccato però che, lo stesso direttore generale, avrebbe già contattato alcuni primari di altre ASL , Catania e Siracusa, per proporre loro la copertura dei turni di sala operatoria. Ora se veramente il problema fosse l’esborso di denaro e quindi il risparmio da parte dell’azienda, perché proporre a medici di altre ASL che comunque verrebbero retribuiti con un esborso assai maggiore? Il problema sarebbe economico o mirato alla figura dei medici anestesisti, ad personam? E se così fosse, veramente tale dirigenza potrebbe essere considerata “diligente”? Magari un aiutino da casa, al dirigente, affinché possa essere diligente, si potrebbe dare:” se veramente la sua gestione mirasse al risparmio dell’azienda, dovrebbe dare un’occhiatina a tutte le delibere, pubblicate settimanalmente, inerenti l’affido ad una molteplicità di incarichi legali che supererebbe quelli al Parlamento”. Sconfortante la situazione, uno sconforto che è il comun denominatore fra operatori sanitari e cittadini ma anche inversamente proporzionale fra il diritto alla salute e la politica.
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