Sono cominciati gli sconti e l'Outlet di Agira è stato preso d'assalto, anche quest'anno nonostante la Crisi, i rincari dei carburanti e il clima ostile. Ogni anno, a inizio gennaio, migliaia di persone corrono all'Outlet di Agira per comprare o guardare gli altri comprare, pensandosi parte di un sistema che schiaccia i piccoli esercizi e spaccia lusso a buon mercato, senza capire che difficilmente dentro un prodotto o un servizio può stare piu' qualita' di quella pagata. Oggi la qualita' del prodotto è data dal brand e dall'ignoranza di chi crede alla firma ostentata. Vali se hai. Comprare per mostrare di esistere è un obbligo sociale. Tutto questo è diseducativo e devastante per i singoli e le comunità. L'Outlet di Agira ha fortemente danneggiato infatti i negozi di prossimità e conformato il gusto dei paesani, che vivono la socialità nella finzione e nell'apparenza. La gente scende all'Outlet per passeggiare, comprare e fare vita mondana a scapito del desertificato Corso Umberto di Leonforte, sempre più buio e sempre più silenzioso. Occorrerebbe imbastire una programmazione di politica economica verso il mondo del piccolo commercio, una programmazione di politica fiscale strutturata, politiche attive sul lavoro e soprattutto, in modo immediato, andare ad abbassare le tasse locali concedendo particolari incentivi fiscali ai proprietari immobiliari e agli imprenditori, ma chi può osare tanto? L'Outlet offre svago e lavoro (mal pagato?) e che importa se a farne le spese è il negozio di paese o la capacità di giudizio?
L'Outlet è il Paese dei Balocchi e noi siamo ciuchi da circo.
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