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Immagine del redattoreGabriella Grasso

Donna Prizzita - Romanzo a puntate di Gabriella Grasso -L’ucchiatura

“Mmìria nu nd pòzz e ffattùra t fàzz”.

“Mi fai l’ucchiatura come la faceva la buon’anima?” disse Concetta a Pina mentre le porgeva una pezzuola rossa e un piattino colmo d’acqua.

Al paese, l’occhio pesante poteva colpire uomini, cose e animali. Le fatture pure, ma erano di due tipi e donna Prizzita le conosceva entrambe. C’erano le fatture dirette e quelle indirette. Le prime arrivavano tramite cose da mangiare o da bere , le seconde, molto più potenti delle prime, arrivavano tramite oggetti stregati, foto, abiti, ciocche di capelli appartenenti al o alla destinataria della fattura stessa. Donna Prizzita sapeva fare e levare entrambe le fatture ed era la migliore nei filtri d’amore. Faceva riappacificare marito e moglie, innamorare sconosciuti e anche rompere unioni solide. Usava il sangue mestruale misto al vino per l’uomo e il seme maschile per la donna. Triturava belladonna, cicuta e stramonio e se ne serviva all’occorrenza ; titillava col prezzemolo il culetto dei bimbi stitici e bolliva alloro per i golosi. Procurava aborti con la camomilla e salvava neonati con la chinina

Pina, con gli occhi stretti a fessura, versò con l’indice della mano destra tre gocce d’olio d’oliva nel piatto che teneva con la mano sinistra sopra la pezzuola rossa sul capo di Concetta e mormorò:

Ucciatura, spacciatura, cu cci ha fattu malu a ‘sta criatura cincu ‘a levunu rui ‘a fanu. Cu fu, cu fu. ‘I bbu… re maiari e nuddhu cciù, niesci maluocciu, trasi buonuocciu: Gesù, Giuseppi e Maria, luvataccillu a fagghia mia.

E nel fare e nel dire ricordava quella santa fimmina che di ucchiature tante ne aveva fatte e levate.





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