
I fratelli Carlo e Nello Rosselli vennero assassinati ottanta otto anni fa, in Francia. Era il 9 giugno 1937. I processi celebrati contro i fanatici dell’estrema destra transalpina Cagoule, e poi in Italia a più riprese, non hanno mai stabilito la verità. A Parigi il processo all’Organisation secrète d’action révolutionnaire nationale (detta La Cagoule) ha trascurato il legame tra gli assassini e l’Italia. A Roma, dal 1944 al 1949, abbiamo assistito a confessioni e ritrattazioni, sentenze di condanna prima cancellate e poi ribaltate in assoluzioni.
Nell’ottobre 1949 gli accusati sono stati tutti prosciolti dalla Corte d’assise di Perugia, nel processo che Gaetano Salvemini definirà “una farsa giudiziaria”: nonostante la grande mole di confessioni, documenti e testimonianze, viene stabilito che non si può risalire ai mandanti del delitto. A essere chiamato in causa è soprattutto Santo Emanuele, dal 1936 capo della sezione controspionaggio del Servizio informazioni militare (Sim). Secondo la difesa di Rosselli, affidata a due capi della Resistenza, Achille Battaglia e Federico Comandini, Emanuele fu uno degli ideatori dell’assassinio, unitamente al generale Roatta, capo del Sim, al colonnello Angioy, vice-capo del Sim, e al maggiore Navale, capo del centro controspionaggio di Torino in rapporti diretti con i Cagoulards. Tutto con la quanto meno tacita approvazione del ministro degli Esteri Ciano e del suo capo di gabinetto, l’Ambasciatore Anfuso.
La giustizia europea non ha mai restituito la verità sulla morte dei due fratelli, ma alcuni rapporti contenuti nell’Archivio Battaglia provano chiaramente l’esistenza di un piano volto a eliminare i due intellettuali.
Fonte LINKIESTA
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