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Immagine del redattoreAlain Calò

LA LIBERTA' E COME L'ARIA MA NOI ABBIAMO PAURA DI ESSERE LIBERI?



In questi giorni di silenzio “forzato” dall’assenza di Germinal, vi è stata l’occasione di rimettere in ordine le idee. E nel momento in cui si prova a rimettere in ordine le idee si scopre che Germinal ha spezzato un modo di fare che si era venuto a costituire nella nostra realtà. Una realtà che per certi versi assomiglia (con le ovvie differenze) a quanto descritto in un celebre film di animazione dal titolo “Lupin III – Walther P38” (noto anche come Lupin III – nome in codice: Tarantola). In questo lungometraggio troviamo un’isola i cui abitanti sono degli assassini che vengono utilizzati dai poteri occulti internazionali per uccidere su commissione. Ovviamente non è questo l’aspetto di somiglianza con le nostre realtà (ci mancherebbe). Ciò che porta ad una somiglianza è il carattere spento degli abitanti di quest’isola, il fatalismo e la rassegnazione convinta che il mondo va così e non si può cambiare. Peraltro gli stessi sono vincolati a vivere nell’isola in quanto tutti hanno un tatuaggio a forma di tarantola che altro non è che un veleno potentissimo e mortale che viene mitigato dai gas presenti sull’isola stessa. Un’aria, quindi, pesante, che soffoca chi vuole provare ad evadere, visto come un pazzo o un traditore da tutti gli altri che ormai hanno fatto l’abitudine anche a rendersi schiavi. E chi prova ad abbracciare la libertà, chi sogna una vita diversa, chi pensa che c’è qualcosa di meglio oltre quell’isola sarà inghiottito, alla fine, dall’isola stessa. Nessuno degli abitanti di quell’isola sopravvive agli eventi che si susseguiranno nel film. Però, come un fulmine a ciel sereno, viene posta un posta una domanda ad uno degli abitanti dell’isola che qui si rende plurale “Abbiamo paura di essere liberi?”.

Nicosia, per certi versi, in questi anni sta registrando non solo una forte decadenza economica, ma anche sociale e di vitalità. Il sentimento che si respira è quello della rassegnazione, che le cose devono andare come devono andare, che il modo migliore per vivere è farsi assorbire da qualche cerchio pseudo-elitario e mettersi in attesa di raccogliere una briciola dal potere di turno. Chi evade sperimenta che esiste un modo diverso di intendere la società. Sperimenta che un paesino di più o meno 10mila residenti non è al centro del mondo, che ammazzarsi per una briciola o una carezza del potere è semplicemente umiliante e che il potere che vuol pensare di andare avanti a briciole non fa l’interesse dei cittadini, ma lascerà le macerie proprio come in quell’isola. La vera salvezza si trova nel dissenso ad una siffatta realtà, nell’informarsi e uscire allo scoperto dicendo che ciò che vorrebbe esserci presentato come una serie di grandi successi dalla propaganda e che tutto va bene è solamente fumo negli occhi, come quel veleno e quel gas che ci lascia vincolati in quel territorio o come silenziose vittime o come complici.

Bisogna sperimentare l’aria nuova, l’aria vera. L’aria della libertà. Capire che nessun potere è eterno, che tutto passa ma solo una cosa resta, ovvero noi.

Ma forse abbiamo realmente paura di essere liberi.


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