Da quando più di 50 anni fa abbiamo messo piede sulla Luna, i balzi dell’umanità nell’esplorazione spaziale sono notevoli. Fino a qualche anno fa era praticamente impensabile riuscire a trovare un pianeta extrasolare (ovvero un pianeta che orbiti attorno ad una stella diversa dal Sole) e nel giro di poco tempo grazie soprattutto alla missione Kepler siamo letteralmente circondati da migliaia di questi corpi. E la mente umana già pensa nello scovare mondi sconosciuti ospitanti anche la vita. In questi giorni si è compiuto un altro grande passo per l’esplorazione dell’Universo con le prime immagini catturate dal telescopio James Webb e che ritraggono galassie lontane miliardi di anni luce, un periodo e una grandezza così vasta che ci viene impossibile anche immaginare. E dire che James Webb sia un miracolo dell’ingegneria spaziale non darebbe giustizia a questa immensa impresa. Proviamo a dare un’idea anche in poche righe (e quindi semplificando al massimo) quale sforzo si è dovuto compiere. Il telescopio spaziale James Webb si trova a circa un milione e mezzo di chilometri dal Nostro Pianeta, praticamente 4 volte la distanza Terra-Luna, in un particolare punto in cui le forze gravitazionali di Sole e Terra si compensano e quindi vi è una sorta di equilibrio nel moto relativo, il cosiddetto punto L2, che sta per Punto Lagrangiano 2. In ogni sistema di tre corpi dove due sono molto più grandi del terzo che può essere praticamente trascurabile, vi sono infatti solo 5 punti in cui avviene questa particolarità: 3 sulla stessa retta congiungente i due corpi e questi sono detti punti “collineari” e altri due come vertici di un triangolo equilatero in cui i due corpi più grandi ne rappresentano i due estremi della base, e questi punti sono detti “equilateri”. Il punto Langrangiano su cui si trova il telescopio spaziale James Webb è uno dei tre collineari. In realtà il discorso si fa un po’ più complicato a causa delle varie perturbazioni derivante da altri fattori e quindi qualche manovra correttiva, detta di “station keeping”, per mantenere la stabilità in quel punto o comunque in quella zona vicina a quel punto è richiesta. Il tutto si traduce in un lavoro certosino di calcoli e simulazioni impensabili fino a qualche decennio fa. Se poi si mette in conto anche il fatto che l’ambiente spaziale è ben diverso da quello a cui siamo abituati noi, con fenomeni derivanti dal vuoto dello spazio, delle radiazioni solari, dei micrometeoriti ed altri, si comprenderà bene che l’essere riusciti a mettere in orbita questo telescopio spaziale è un passo incredibile dell’Uomo (ogni satellite in orbita anche bassa è un piccolo miracolo, ma questo ha quel fascino in più). E il tutto per mostrarci le meraviglie dell’Universo composto da Galassie, ammassi, nebulose ed altro. Un tripudio di grandezza e bellezza che abbiamo l’onore di vedere, vivere ed esplorare seppur con i limiti della nostra tecnologia. Pensate che la stella a noi più vicina, ovvero Proxima Centauri del sistema αCentauri, ad un paio di anni luce da noi è, alla luce della nostra tecnologia, inarrivabile in tempi umani. E pensare che il passo tra la Terra e quella stella potrebbe essere, in scale umane, rapportato ad il semplice spostarsi da una stanza ad un’altra della casa… figuriamoci a coprire distanze rapportabili ad un viaggio a Palermo! Tutto ciò non ci può lasciare indifferenti. Volevamo l’infinito? Ecco l’infinito! E nel rapportarci con l’infinito dobbiamo comprendere quanto siamo insignificanti noi che dinnanzi alla grandezza del Cosmo litighiamo per un pezzo di Crimea! Dinnanzi alla grandezza del Cosmo ci ammazziamo in guerre di religione nel capire quale sia il Dio corretto e quindi il popolo eletto. Se non riusciamo ad abbracciare l’Universo non possiamo neanche lontanamente arrivare ad un’idea di Dio! E mentre Dio è metafisica, abbiamo presente dinnanzi a noi la grandezza immensa del cosmo che ci aspetta. Ciò a cui è chiamata questa generazione è quella di fare passi avanti nell’esplorazione del Cosmo e nella prima esplorazione umana del sistema solare. L’Era cosmica è cominciata e non dobbiamo averne paura. La nuova esplorazione umana della Luna con il programma Artemis, le nuove esplorazioni che si succederanno su Marte, Titano, Europa (e ci auguriamo presto anche Encelado), in cui probabilmente vi è o vi è stata la vita in forme a noi sconosciute faranno compiere all’Uomo passi ulteriori nella scoperta dell’Universo e di noi stessi. Ogni sera bisogna guardare il cielo perché è da lì che proveniamo. Senza alcuna retorica mistica, siamo veramente figli delle stelle perché è dalle stelle che si sono costituiti i mattoncini della vita. E al cielo dobbiamo ritornare non, nuovamente, in una retorica mistica, ma perché è l’obiettivo dell’Uomo esplorare e rispondere alla domanda del perché siamo nati e che cosa ci facciamo qui. Altrimenti la nostra sarà stata una vita vana che ci siamo lasciati scorrere inutilmente… bestie dimenticate in un angolo dell’immenso Universo.
Alain Calò
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