Tra le tante curiosità in cui mi sono imbattuto leggendo centinaia di pagine che riguardano l’attività separatista ed eversiva del barone La Motta, ho avuto modo di imbattermi anche in alcuni comportamenti in merito ad un' altro aspetto della sua avventurosa vita.
Oltre all’attività politica e insurrezionale e oltre all’attività sportiva, c’era pure l’attività di gestione del suo patrimonio immobiliare ed agroalimentare.
Ed è di questo che voglio oggi raccontarvi.
Della sua attività di imprenditore e di come gestiva i rapporti lavorativi, soprattutto, del suo feudo del Ficilino dove oltre all’attività di allevamento del bestiame, un aspetto importate era la semina e la raccolta del grano e la raccolta delle olive.
È proprio di questo che oggi voglio parlarvi, della raccolta delle olive.
Il periodo storico a cui mi riferisco è quello che va dalla fine degli anni trenta, fino all’ inizio degli anni cinquanta del secolo scorso.
A quel tempo si raccoglievano tutte le olive che l’albero offriva, comprese quelle cadute a terra per qualche motivo: vento o pioggia abbondante.
Pochissime invece erano quelle danneggiate dagli insetti: mosca, verme, ecc.
La raccolta era tutta manuale e veniva fatta attraverso un accordo che il barone stipulava con i contadini ed i braccianti della zona.
Che più semplicemente venivano chiamati MEZZADRI.
Quella del barone La Motta e dei tanti altri baroni e possidenti terrieri di questo nostro territorio, era una mezzadria “ particolare”.
Infatti a quanto mi è dato sapere, le mezzadrie che praticavano i nostri avi e che si continua a praticare ancora ai nostri giorni, soprattutto in merito alla raccolta delle olive, prevvedeva
un accordo con il proprietario delle piante d’ulivo dove il raccolto veniva suddiviso al 50% per ciascuno.
Se il raccolto produceva per esempio 100 kg di olio, esso veniva e viene ancora adesso diviso a meta , 50 kg al proprietario e 50 kg a chi ha raccolto le olive.
Il tutto veniva diviso in parti uguali tra il contadino e il proprietario.
Nella fattispecie dei contadini o braccianti che lavoravano sotto contratto del Barone Stefano La Motta e di tanti altri baroni nicosiani, la suddivisione era diversa molto diversa......
Infatti ai contadini andava il 20% del raccolto e ai proprietari del fondo l’80%.
Ecco una amara verità che spadroneggiava nella nostra cittadina.
Ecco come si arricchivano baroni e possidenti.
Ecco chi erano veramente i baroni, incluso Stefano La Motta.
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