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Gli stadi di calcio, soprattutto quelli di paese , raccontano in maniera significativa un groviglio di sentimenti che danno forma al nostro essere al mondo.
Sono luoghi che racchiudono in maniera completa la nostra umanità, il nostro modo di vivere la quotidianità, tra tristezze e gioie, silenzi e clamori, solitudine e compagnia.
Spesso si trovano nelle periferie dei nostri paesi, a diretto contatto magari con terreni coltivati, tra ulivi e muri a secco o vecchi immobili, che, apparentemente, nulla hanno a che fare con il mondo del pallone.
Ma la terra battuta , così simile a quella dei campi sterrati delle nostre periferie , ha certamente qualcosa che parla di calcio.
Ancora oggi , in quasi tutti i paesi dell’ entroterra siciliano si gioca sulla terra battuta, superficie alquanto difficoltosa soprattutto in caso di scontri e cadute nelle varie fasi di gioco.
Quando poi pioveva, il fango si mischiava presto a muscoli e maglie già sporche.
Per renderla più morbida, prima che i giocatori scendessero in campo, la innaffiavano come si fa con gli orti di campagna o si trascinava con una macchina, molto spesso sgangherata, una rete metallica.
Quell’odore di terra bagnata, inebriava così l’attesa di quelle partite che mettevano spesso in scena accesi derby tra paesi vicini.
Quel rettangolo in terra battuta, però, ha raccontato delle bellissime storie di calcio, quelle dei nostri campioni di periferia che ci hanno portato allegria, speranza gioia e delusione.
Per citarne alcuni: Buttafuoco, il compianto Panatteri, Cacciato…………
E poi lui, Felicino D’Amico, il presidente che ci portò dritti in promozione… Sembrava una favola, ed invece grazie alle sue capacita` divento` una realta`.
Dentro quella favola più di ogni cosa e di ogni prestazione sportiva c’era lo sguardo sorridente dello “ Zio Felicino” , anima e corpo di quel gruppo di campioni.
Intorno a lui c’era l’entusiasmo di un paese, la voglia di fare festa e di essere protagonisti.
Ricordo ancora quella domenica pomeriggio in cui finimmo tutti dentro il campo a baciare e a mangiare quella terra arsa, piena di festa e colori, pronta ad accoglierci in una pacifica invasione
Una cittadina intera festante, che passato il momento di felicità e` ritornata ad essere paziente e discreta, perché tutti sapevamo già che, finita la festa, il silenzio e la quotidianità sarebbe tornato a riappropriarsi di quei luoghi.
Aldo G. La Ganga
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