La seconda Guerra mondiale, pur senza causare epidemie gravi come la precedente, in cui la sola epidemia influenzale provocò non meno di 400.000 morti in Italia, ha tuttavia determinato, in questo come in molti altri paesi europei, un rifiorire di malattie scomparse ormai da molti anni, o una recrudescenza di altre. Nell'Italia meridionale si ebbero, nel 1943-44, epidemie di vaiuolo e di tifo esantematico, sulla cui entità poco si può precisare, perché a causa degli eventi bellici mancò una esatta raccolta di dati.
La vaccinazione jenneriana effettuata su larga scala e l'uso del DDT per la lotta contro i pidocchi, ebbero comunque ragione di queste malattie.
Le vaste distruzioni dei territori e soprattutto delle opere di bonifica ed il disordine apportato ad ogni sorta di regime idrico, causarono un'intensa recrudescenza della malaria, che raggiunse la sua acme nel 1944 e che causo migliaia e migliaia di morti.
Fra molte malattie endemiche, che si svilupparono negli anni che vanno dal 1943 al 1946 sono state la tubercolosi e le febbri tifo-paratifoidee; la prima a causa della ipoalimentazione e delle tristi condizioni degli abitati; la seconda per il frequente disordine apportato nelle fognature, negli acquedotti e nella vigilanza annonaria, cosicché molto più frequenti che per il passato sono stati gli episodî di origine idrica e di origine alimentare.
Una malattia che si sviluppò a causa della seconda Guerra mondiale, è stata l'epatite epidemica, forma caratterizzata da ittero febbrile e di solito benigna.
Una particolarità di questa malattia è la facilità con cui viene trasmessa accidentalmente in seguito a trasfusioni di sangue o ad iniezioni di sieri provenienti da portatori del virus causale o anche a mezzo di siringhe male sterilizzate.
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