Mercoledì 19 luglio è stato inaugurato il murale commemorativo dei giudici Falcone e Borsellino, commissionato da F.I.D.A.P.A. e Lions, i cui presidenti hanno autografato i rispettivi loghi, e realizzato dall'artista Mikhail Albano. ll comune ha offerto un pezzo di muro grigio e sberciato, mentre i giovani del Grest la gioia di esserci, sempre. Gli animatori hanno urlato: "Chi non salta un mafioso è" e anche "Ciao Paolo (Borsellino)" . Ora anche Leonforte ha un murale con Falcone e Borsellino sorridenti. Un'immagine ovunque nota, liberamente ispirata alla foto di Tony Gentile, scattata il 27 marzo del 1992. Nell'opera compaiono anche altri rimandi iconici: c'è il leone ruggente perché hic sunt leones, c'è Dike (sbendata) e c'è l'immancabile elogio al coraggio. C'è tutto, manca solo l'abisso. Il 19 luglio del 1992 in via D'Amelio, il giudice Borsellino venne fatto esplodere e gli uomini della sua scorta furono ridotti a brandelli. Albano, capace com'è, avrebbe dovuto disegnare questo orrore per raccontare la fine di un uomo tradito dal suo Paese, ma forse è meglio così. Forse è meglio alimentare il cunto rassicurante dei due santini, avvolti nella carta sbrilluccicante della retorica. Se invece dei loro sorrisi, Mikhail avesse ritratto la tristezza di chi in vita fu "mascariato" o se con plastica fisicità, come ha dimostarto di saper fare, avesse dipinto la parata dei paladini antimafia: una schiera di poliziotti, giornalisti, politici e parrini fintamente dolenti, ma in realtà grati per l'opportunità di snocciolare il fraseggio del perfetto professionista dell'antimafia. Quanto avrebbe fatto riflettere e discutere e indignare e magari sorridere i due cartonati ammazzati dai troppi Montante pronti a uralre che la mafia è una montagna di merda per ricucirsi l’imene, dopo aver frequentato i peggiori postriboli. In Sicilia per comandare serve ancora l'endorsement cuffariano e non sono bastate trenta estati a fare chiarezza. Oggi però è giorno di contegno istituzionale e bisogna banalizzare, facendo finta di non sapere che sotto la superficie placida gli squali non hanno mai smesso di nuotare. Bisogna ricordarsi di quell’estate e di tutte quelle che sono seguite con il giusto aplomb senza provare a ridare umanità, concretezza, realtà a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Questo povero, sventurato Paese non ha bisogno di altri santi e santini. Non ha bisogno di eroi inarrivabili. Le icone lavano la coscienza, deresponsabilizzano.
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