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Immagine del redattoreGabriella Grasso

Leonforte non è un paese per cani






Siamo a Leonforte, sulla porta di un panificio c'è attaccato un foglio a quadri con un "messaggio", scritto a mano, ai proprietari dei cani che portano i loro amici a quattro zampe a passeggio in zona. I cani - si legge - fateli c...a casa vostra e non davanti la porta degli altri. È un tema vecchio, ma sempre attuale perché rimanda all'incapacità di accudire un cane nel rispetto altrui. Negli ultimi anni molte persone hanno preso un cane e l'impressione è che il trend sia in aumento perché la gioia di poter contare su un amico fedele, scodinzolante e mai giudicante, è allettante e difficilmente si va oltre l'aspetto ludico. Portare il cane a spasso nelle ore più calde del giorno, dimenticando che l'asfalto delle strade brucia le zampe di chi non calza scarpe o legarlo alla catena, sotto un albero troppo piccolo per ripararlo dal sole e dalla pioggia, è da irresponsabili e allora meglio sarebbe non prendere un cane, ma le persone difficilmente empatizzano con altre creature bisognose di accudimento. Occorrerebbe sensibilizzare la popolazione sul tema, in un contesto sociale ancora oggi troppo concentrato sull'interesse proprio nel totale disinteresse altrui e vale per i padroni dei cani e vale per i proprietari dei pescetti rossi, comprati alla fiera di sant'Antonino e destinati a boccheggiare sul pavimento del bagno. Meglio facevano i nostri contadini che affrontava la questione secondo consolidati criteri utilitaristici. Le bestie tiravano i carretti, aravano i campi, facevano le uova e il latte, davano carne, aiutavano nella caccia, sorvegliavano l'aia, insomma lavoravano in schiavitù. Solo per questo erano sopportate e nutrire, con gli avanzi. Oggi che ci ritroviamo in casa dei liberti pelosi, redenti dalla catena e dal bastone, mangiapane a tradimento, il rapporto è più equo ma anche parecchio più complicato. E spesso irrisolto per cui si venere la bestiola agghindandola innaturalmente o la si ignora persuasi che istintivamente baderanno a loro stessi pur nell'urbanità innaturale. E non è una cosa bella: perché trasformare un derivato del lupo e dello sciacallo in un nevrotico pagliaccio da compagnia è un sopruso dell'uomo come legarlo e ignorarlo; tipico di chi usa e consuma per essere alla moda e la moda degli animali domestici, quando è solo una moda, diventa ingorda e sprecona come tutte le manie di massa. Non siamo preparati a curare e accudire altrimenti i marciapiedi urbani non sarebbero disseminati di escrementi canini e tanti cani e gatti malcustoditi o abbandonati non morirebbero schiacciati sull'asfalto. Le bestie, al pari di altre mille manie che ci ammorbano la vita, finiscono per partecipare alla civiltà dell'eccesso, vittime di una voglia momentanea che sfuma ai primi caldi o anche ai primi freddi, che li ingozza di troppo cibo o si dimentica di nutrirli. Siamo creature bisognose di affetto ma incapaci di ricambiare in egual misura. Lasciamo perdere i cani e i gatti e i criceti; non è cosa nostra al limite dedichiamo le nostre attenzioni a noi stessi così da scoprirci per quello che siamo, senza filtri e autocelebrazioni.

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