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LUIGI BOGGIO: LA QUESTIONE DEI TRE MANDATI

Luigi Boggio

Aggiornamento: 31 gen



Quello che sto per raccontare non è una favola, ma una storia vera accaduta nell’aula del Senato della Repubblica il primo luglio del 1993, in sede di discussione e di approvazione della nuova legge elettorale il cosiddetto "Mattarellum". Il senatore Concetto Scivoletto dei Ds ha presentato (a titolo personale, autorizzato però dal Gruppo) un emendamento con il quale si fissava un limite ai mandati parlamentari di tre legislature complete. Dopo una vivace discussione e divisioni nei gruppi l’emendamento Scivoletto fu approvato e trasmesso alla Camera. L’emendamento creò un parapiglia e ulteriori divisioni nei gruppi, e con i segretari dei partiti in silenzio pensando che qualcuno gli avrebbe tolto le castagne dal fuoco. Provvidenziale fu la mossa del presidente della Camera dei Deputati Giorgio Napolitano, il quale dispose lo stralcio della norma, a suo dire molto rilevante e incidente sui diritti costituzionalmente protetti dall’elettorato passivo, e trasmesso alla Bicamerale sulle riforme istituzionali dove morì come tutte le altre norme riformatrici.

Questo spinoso argomento delle tre legislature è venuto fuori per le elezioni dei presidenti delle regioni. Non più due ma tre come sostengono De Luca del Pd, Zaia della Lega ed altri perché hanno governato bene ed anche in polemica nei confronti di coloro i quali stanno da una infinità di anni in parlamento. Su questo concordo, ma con un ragionamento che va oltre al contingente, cioè in direzione di una reale discussione su un disegno organico riguardante gli eletti nelle assemblee elettive. Non solo la definizione dei mandati ma anche la questione delle preferenze per una uniformità di sistema che abbia al centro il cittadino elettore. Proprio il cittadino elettore con i suoi diritti-doveri, che non può essere solamente capace di mettergli la sola scheda in mano il giorno delle votazioni, ma farlo protagonista nelle scelte in un periodo in cui gli organi intermedi sono spariti e i partiti partiti.

L’occasione del terzo mandato avrebbe dovuto servire per aprire una reale discussione per avviare un disegno riformatore d’ampio respiro che non potrebbe essere il semplice sì al terzo mandato o al premierato. Ma su questo non ci sono perché certe modifiche sono avvenute a secondo le convenienze come le porcate delle leggi elettorali e certe riforme come la modifica del capitolo V della Costituzione. Tutti elementi che dimostrano la mediocrità di questa classe dirigente rispetto ai costruttori geniali della Carta costituzionale che, al governo della destra gli va stretta in quanto vorrebbe esercitare un maggiore controllo su delle istituzioni autonome e di garanzia, sull’economia-banche e sull’informazione. La destra ha un disegno, la sinistra appare e scompare. La destra di Giorgia segue il carro di Trump, segue non avendola fatta salire, mentre ad Elly non le resta che costruire un’alternativa, rinnovare il partito e muoversi in Europa perché siamo entrati in un’altra epoca.

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