Sabato 11 Novembre numerosi cittadini hanno protestato ed espresso proposte per evitare la chiusura dell’ospedale di Petralia Sottana, una struttura su cui gravitano decine di comuni delle Madonie.
La sanità, come la scuola e il trasporto pubblico, è un settore nel quale è assurdo e miope applicare i criteri con cui si gestisce un’impresa: applicare la logica dell’azienda, fondata sulla convenienza economica e su un rigido calcolo di spesa e guadagno, alla vita o all’istruzione o alla mobilità della popolazione è una cosa illogica, il cui esito è invariabilmente la privazione della salute, dell’istruzione e della possibilità di spostarsi per una parte della popolazione. Sono tre settori che hanno come finalità la garanzia dei diritti di cui dovrebbero godere i cittadini: diritti che stanno alla basa della realizzazione della persona. Concetti come investimento e convenienza non c’entrano nulla.
Questo fatto, oltre che dalla logica, dovrebbe essere confermato dall’allarme lanciato dai medici italiani: dal 2010 al 2020 sono stati chiusi almeno 125 ospedali, ovvero l’11% del numero complessivo degli ospedali italiani. In calo i posti letto; le strutture ambulatoriali e riabilitative; i consultori, di cui uno su dieci è sparito; meno medici convenzionati, meno pediatri, meno medici nelle ex guardie mediche. E anche il numero delle Asl passa da 145 a 99. Un vero e proprio smantellamento della sanità pubblica, dal momento che a questo calo corrisponde la crescita delle strutture sanitarie private. Naturalmente sono ovunque in crescita i decessi, soprattutto per tumori e malattie cardiovascolari.
Ecco l’effetto del definanziamento della sanità pubblica messo in atto in questi ultimi dieci anni.
La Sicilia è una delle regioni italiane che sta subendo in modo accentuato questa contrazione. Così si è giunti all’assurdo: l’ipotesi della chiusura di ospedali su cui gravitano i cittadini di decine di comuni, come quello di Sciacca e quello di Petralia Sottana.
Manca il personale, viene detto, e i bandi per il reclutamento vanno a vuoto e così i reparti devono chiudere. Ma le ragioni di questa carenza sono state esposte: un decennio di tagli alla sanità, in nome della razionalizzazione e dell’efficienza.
Di fronte alla possibilità di non avere più cure, di dovere affrontare viaggi di ore lungo strade dissestate e tortuose per raggiugere l’ospedale più vicino, più di tremila cittadini hanno manifestato sabato 11 Novembre a Petralia Sottana, proprio di fronte l’ospedale che da anni, lentamente, subisce una chiusura progressiva dei suoi reparti: ultimo, quello di pediatria.
Un mese di assemblee pubbliche in tutti i comuni delle Madonie; il coinvolgimento dei ragazzi di tutte le scuole; la partecipazione delle consulte giovanili e di tutte le associazioni presenti sul territorio; la partecipazione di tutti i sindaci e dello stesso vescovo di Cefalù, Marciante, hanno forse svegliato finalmente l’attenzione della Regione. Schifani ha assicurato che troveranno una soluzione per mantenere aperti gli ospedali: sia quello di Petralia che quello di Sciacca.
Evidentemente c’era bisogno di un segnale forte, affinchè chi ha avuto il mandato di amministrarci si ricordasse di tale delega.
Chi si è organizzato ed è sceso in strada per manifestare non ha soltanto espresso il proprio disagio, ha soprattutto elaborato proposte e soluzioni del problema del deficit di personale: allargare i bandi di assunzione anche a personale non comunitario; trasformare l’ospedale in una struttura riabilitativa e per malati a lunga degenza, sono alcune delle proposte.
Ma trovare le soluzioni non è quello che dovrebbe fare chi siede nelle aule del Parlamento regionale? Ancora una volta è stata la società civile ad analizzare a fondo il problema per cercare le soluzioni migliori. Ancora una volta la società civile ha dimostrato di essere più attrezzata della classe politica che è stata delegata. Perchè le soluzioni ci sono: a volte non si percorrono perchè evidentemente gli interessi della sanità privata sono più convincenti!
Sia il progetto di costruzione di un hub addestrativo militare, sia la trascuratezza nella gestione della sanità pubblica rivelano quale sia diventata ormai la distanza tra la politica e la realtà delle condizioni di vita degli abitanti della Sicilia e dell’Italia. Quale legame può più esservi tra chi governa e i cittadini, se chi ha la responsabilità della cosa pubblica considera il territorio solo come uno spazio da sfruttare in modo personalistico?
Il contrasto e la distanza sono ormai talmente profondi che nella società civile sta nascendo ovunque il bisogno di riappropriarsi del diritto di decidere.
Ancora una volta, il cuore della Sicilia diventa un laboratorio di democrazia partecipata.
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