DOMANI SI VEDRA’ LA MATURITA’ POLITICA DEI CONSIGLIERI COMUNALI DI NICOSIA
Fabrizio De Andrè, nella sua “La città vecchia” canta: “Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone? Forse quella che sola ti può dare una lezione. Quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie”, quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie”. In queste strofe c’è il manifesto dell’ipocrisia, di quella gente che, sempre riprendendo De Andrè, “dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio” solo “se non può più dare cattivo esempio”. Nicosia sta vivendo da un anno politicamente questa grande situazione di ipocrisia sulla figura del presidente del consiglio Comunale. I fatti sono stati lampanti fin dal primo secondo, ovvero che l’elezione della D’Amico come presidente del Consiglio è stato un modo per cercare di spingere Bonelli alle dimissioni e far tirare la volata elettorale sull’onda delle emozioni ad alcuni elementi del consiglio comunale che, altrimenti, sarebbero stati condannati all’oblio politico (come di fatto sta avvenendo). Ma Bonelli, bisogna riconoscergli la furbizia, ha fatto la mossa più intelligente di tutte, ovvero restare capendo bene che l’opposizione che si andava a creare con quel gesto era sì numericamente più forte ma rappresentava un assemblaggio alla bene e meglio di anime più “istituzionali” con anime più populiste e avventuriere. La politica non si può fare a suon di populismo e colpi di teatro pirateschi all’arrembaggio ed infatti quel coacervo non sarebbe potuto durare molto anche alla luce delle future elezioni. Ma in questo anno si è assistito ad una continua richiesta di dimissioni (senza mai essere sfociata in una formale mozione di sfiducia) da parte di tutta l’opposizione argomentando il tutto con il legittimo principio che non avendo la maggioranza in consiglio comunale, come atto di responsabilità, sarebbe stato meglio andare alle elezioni per avere un’amministrazione più solida. Non bisogna, si spera, avere chissà quale conoscenza politica per ammettere che questa è certamente una affermazione sensata, ovvero in democrazia il rappresentante è scelto dalla maggioranza proprio come è avvenuto con la elezione della D’Amico a presidente del consiglio comunale. Come è anche pacifico che tale principio vale in maniera universale, ovvero che chiunque abbia la maggioranza può perderla in favore di un altro e quindi l’altro deve essere il rappresentante. Altrimenti non c’è maturità politica e si cade nell’ipocrisia del “fate quello che dico io, non fate quello che faccio io”. Ebbene, in questo momento è palese che la D’Amico non gode più della maggioranza in seno al consiglio Comunale, quindi la domanda sorge spontanea: come mai la D’Amico e parte del gruppo che l’ha sostenuta non dà l’esempio a Bonelli di quello che si è predicato in quest’anno e si dimette non avendo la maggioranza? Perché, a parità di condizioni, Bonelli avrebbe dovuto dimettersi e la D’Amico no? È forse a statuto speciale extrademocratico? Poi ovviamente stiamo parlando di opportunità politica dato che Bonelli ha potuto governare lo stesso alla luce del regolamento comunale, ma si capisce bene che se un principio è sventolato contro qualcuno, quel principio deve essere attuato da chi lo sventola, altrimenti cadiamo nell’ipocrisia politica. Domani, forse finalmente, si metterà fine a questa ulteriore pagina vergognosa della nostra politica locale e prevarrà la democrazia che, speriamo, mostrerà la propria maturità contro populismi e facili slogan. Noi auspichiamo che la D’Amico possa dare un buon esempio e dimettersi prima, seppur in zona cesarini (nonostante tutti gli atti e i comunicati che hanno già buttato nel ridicolo anche questa faccenda,) perché una eventuale “sfiducia”, che il gruppo di minoranza strombazzerà come attacco alla democrazia per passare come vittima(in questo anno già abbiamo visto troppi vittimismi), mostrerà semplicemente che se Bonelli ha alla propria poltrona l’Attack, la presidente del consiglio nella propria poltrona ha l’Attack extra forte!
Anche perché, presidente D’Amico, vorremmo portare alla sua attenzione l’esempio più alto di Gianfranco Fini che nell’ultimo Governo Berlusconi fece pressoché la stessa cosa, tenendosi ben stretto alla poltrona di Presidente della Camera ignorando il Paese reale. Fini alle elezioni del 2013 è politicamente scomparso, lei e il suo gruppo, ascoltando il paese reale, sembra sulla buona strada, dato che gli italiani e i nicosiani puniscono questi atteggiamenti perché “Ccà nisciuno è fesso”.
Alain Calò
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