Nessuno può essere condannato se non é dimostrata la sua colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Questo é quanto prevede il nostro codice penale, estremamente garantista ed all’avanguardia in Europa e nel Mondo nell’affermazione dei diritti di civiltà giuridica.
Il principio non è applicabile tout court ai giudizi politici e soprattutto storici. Questi ultimi vanno contestualizzati.
E poi è risaputo che la storia la scrivono i vincitori, quasi sempre senza alcuna garanzia procedurale.
Ma, torniamo al “nostro” barone.
Io per esempio sono stato un suo simpatizzante, soprattutto per il dinamismo che lo ha contraddistinto rispetto alla pachidermica presenza nella società nicosiana del ceto baronale. Costituito, in gran parte da ignoranti, quasi tutti conservatori, gente che non vedeva oltre un’economia curtense di natura ereditaria.
Negli anni novanta avevamo istituito anche un premio sportivo che portava il suo nome, ovviamente prima della “desecretizzazione” degli atti, avvenuta qualche tempo fa, che dimostrano il rapporto organico del La Motta con l’Evis, con la banda Giuliano, con estrema probabilità la sua partecipazione attiva anche alla decisione “politica” che portò alla strage di Portella della Ginestra.
Oggi sembra emergere pure che la decisione della strage vene presa da poteri occulti, probabilmente la CIA con i servizi segreti italiani. E pare che furono alcuni uomini dei servizi assieme a Gaspare Pisciotta, il cognato di Giuliano che poi venne avvelenato in carcere (portandosi dietro i suoi segreti), ad iniziare a sparare sui manifestanti ad altezza d’uomo, senza che lo stesso Giuliano ne fosse stato messo a conoscenza.
Ma io non voglio entrare nel merito della colpevolezza o meno di Stefano La Motta.
Non avrei tutti gli strumenti per farlo.
E in ogni caso l’argomento può essere ancora dibattuto e sviscerato, anche a prescindere da quanto emerge dai documenti pubblicati.
La questione che pongo è un'altra.
Oggi la presenza del “personaggio” Stefano La Motta in sagre, gare automobilistiche, premi, gran premi ed amenità varie è diventata imbarazzante. Davvero, obiettivamente ed “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
E ciò senza voler esprimere giudizi trancianti né campagne di linciaggio nei confronti di nessuno, tantomeno del La Motta.
Qualcuno sostiene che si intende valorizzare solo la figura sportiva “personaggio” e non anche quella politica.
Questa è una vera e propria sciocchezza.
Il giudizio su un personaggio pubblico che si intende utilizzare o valorizzare non può prescindere dall’insieme delle sue qualità morali e dalla sua storia personale e pubblica.
A volte, ci sono momenti nei quali per ragioni di opportunità ed in attesa dell’accertamento dei fatti, sono opportune scelte di buon senso.
In presenza di accuse gravi, nel nostro caso gravissime, non potendo il barone Stefano decidere lui il da farsi perché non è più in vita, abbiamo noi il dovere di consentirgli di esercitare un’opzione di buon senso.
Dargli, cioé, la possibilità di astenersi, di non presenziare, di non occupare più la scena, di non apparire ingombrante, di non urtare le sensibilità di una comunità democratica.
E questo significa anche rispettare la sua memoria.
Il Comune, in via cautelativa, nelle more di un approfondimento e di un giudizio definitivo sui fatti storici che pesano come un macigno, deve revocare immediatamente il patrocinio a tutte le manifestazioni.
Le associazioni che le promuovono continuino pure a farlo ma cambiando il nome delle stesse.
Al momento questa mi sembra l’unica strada percorribile.
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