Lettorə,
penso che tuttə voi avrete ormai sentito parlare di Alfredo Cuspito, rinchiuso al 41 bis per aver fatto scoppiare una bomba nei pressi di una caserma vuota e per aver gambizzato il segretario dell'Ansaldo, Adinolfi. Penso sarebbe ridondante parlare della crudeltà della prigionia di Alfredo, a cui è stato dato un trattamento peggiore di quello riservato ai mafiosi. Piuttosto, vorrei concentrarmi sul linguaggio usato per raccontare questa vicenda — e, più in generale, per raccontare di tutti gli atti rivoluzionari.
Non è un segreto che i paesi capitalisti temano e cerchino di impedire le rivoluzioni. Uno dei modi in cui avviene ciò è la propaganda anti-rivoluzionaria che si fa in questi paesi; non solo sminuendo le varie azioni rivoluzionarie della storia, ma anche favorendo riforme moderate che hanno permesso allo status quo di mantenersi attraverso minimi cambiamenti.
Il motivo è chiaro: creare sfiducia nell'idea della rivoluzione, raccontandola come atto inefficace, portando così le persone a essere più permissive nei confronti del sistema capitalista. Si celebrano i paesi scandinavi, dotati di welfare moderato, mentre si delegittima Cuba, che criminalizza nella Costituzione le violenze contro membri della comunità LGTBQ+.
Quello che c'è da sapere sulle rivoluzioni, dalle più grandi alle più piccole, è la loro necessità. La collaborazione vi è solo fra parti disponibili ad aiutarsi mutualmente e non desiderose di sfruttarsi a vicenda. Se esiste un sistema che opprime e discrimina ciascuno di noi, va rimosso. Ciò a cui dobbiamo mirare è la massima libertà, non possibile scendendo a compromessi.
Le azioni di Alfredo non devono essere giustificate, ma l'aspirazione rivoluzionaria non va condannata. L'interesse degli stati è automantenersi, e il primo passo per abbattere lo status quo è mettere in discussione l'ideologia anti-rivoluzionaria.
Una buona giornata,
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