La fotografia ritrae i sindaci di tre paesini nel cuore della Sicilia, assieme a due generali dell’esercito italiano. Le destre di tutti e cinque sono saldamente unite nella posa, ormai consacrata dall’immaginario collettivo, dei tre moschettieri. Una cerimonia solenne, e una data che pretende, grazie all’effetto teatrale di quella foto, di diventare una data storica. Sì, perché di teatro si è trattato. Per capirlo basta leggere semplicemente il documento che i cinque soggetti della fotografia hanno firmato nella storica, nella solenne data dell’otto Maggio duemilaventitre. Si tratta di tre foglietti con i quali i tre sindaci dicono di aver istituito una delle più grandi aree di poligono di tiro di tutta Italia - trentaquattro chilometri quadrati di territorio - che la rendono paragonabile solo ai poligoni di tiro della Sardegna: poligoni che attirano periodicamente le esercitazioni di qualunque tipo di reparto militare, da quelli italiani a quelli della NATO. Si è trattato di puro e semplice teatro perché quei tre foglietti, che aspirano a istituire una cosa immensamente al di sopra delle possibilità dei sindaci di tre paesini di poche migliaia di abitanti, non dicono niente: non contengono nessuna indicazione concreta delle attività che si svolgeranno in quell’area, degli impegni dell’esercito a rispettare l’ambiente, dei vantaggi economici che i sindaci pretendono di arrecare ai loro concittadini con quel poligono di tiro. Ma perchè è stato sottoscritto un documento così vago, indefinito in una maniera quasi disarmante? Quell'accordo non dice nulla perché non può dire nulla: perchè non spetta a quei sindaci permettere la creazione di una realtà che impatterà in maniera profonda sulla vita e sul destino dell’intera isola. Non spetta a quei tre piccoli amministratori di altrettanto piccoli comuni una decisione che porterà alla creazione di quello che l’esercito desidera da decenni: un’immensa area di addestramento al centro della Sicilia, in cui si alterneranno reparti di ogni tipo. Infatti, già quarant’anni fa l'esercito aveva tentato di creare una cosa simile sui Nebrodi, incontrando però la resistenza forte e decisa della popolazione. Quel documento è soltanto una sorta di attestazione che i due generali metteranno sul tavolo di un Comitato misto paritetico regionale, l’ente che possiede veramente l’autorità necessaria per prendere una decisione del genere. Sarà un documento molto convincente, che vincerà qualunque titubanza del Comitato regionale. “Ecco, signori – diranno i generali dell’esercito – ci sono questi paesini, Gangi Sperlinga e Nicosia, in cui la gente non solo non si è ribellata ma addirittura è felice di avere a pochi chilometri da casa propria un poligono di tiro immenso e un deposito di munizioni e di armi, che potremo anche allargare in futuro, in cui abbiamo addirittura la possibilità di restarci per trent’anni”. Trent’anni: una vita! Sarà a quel punto, e in quella sede, che le vere decisioni verranno prese, che si definiranno in modo concreto tutti gli aspetti organizzativi. Ma noi siamo convinti che i tre sindaci abbiano il potere di poter contrattare con il ministero della difesa, oppure con la NATO stessa; che abbiano l’autorità necessaria per dettare delle condizioni a istituzioni di dimensioni nazionali e internazionali! Siamo convinti che quel documento, assolutamente inutile giuridicamente, sia ormai definitivo, inappellabile, quando invece è solo un pretesto! Addirittura siamo convinti che quei tre sindaci abbiano fatto le analisi sui vantaggi economici che derivano dall'avere un poligono di tiro proprio sotto il naso. Quando gli si chiede qualcosa, rispondono tutti e tre in modo diverso, dimostrando di non sapersi accordare nemmeno nella menzogna: uno dice che sono stati i generali a fare le valutazioni, che è come chiedere all’oste se il vino è buono; un altro deduce dalla frase detta nell’intervista da uno dei generali, “i nostri soldati sono brava gente, dei padri di famiglia”, che i soldati verranno qui con le loro famiglie e i loro figli; cioè, deduce dalle parole vere e sensate del generale, delle conclusioni fantasiose, frutto di una fervida immaginazione. E i nostri commercianti, la nostra seria categoria di imprenditori? Anche loro, dal sogno di un soldato che migra nelle nostre terre come un nuovo Enea, portando con sé moglie e figli, deducono altri sogni: le mogli dei militari che fanno la spesa nei loro negozietti, i loro figli che comprano quaderni e penne nelle loro cartolerie, scuole riempite da nuovi alunni, e via dicendo. Non hanno ben capito la differenza tra un hub addestrativo, che ospita a rotazione per periodi di una o due settimane dei reparti militari, e un villaggio vacanze; tra una caserma, in cui vivono dei soldati provvisti di tutto ciò di cui hanno bisogno, ed un albergo con centro benessere. Ma è quando si parla di giovani e del loro destino che il livello di immaginazione dei tre sindaci raggiunge il suo vertice: secondo uno di loro, i nostri figli potranno diventare soldati e così restare qui, ad esercitarsi proprio sotto casa con il loro piccolo carro armato. E le loro madri potranno continuare a tenerli sott'occhio, come da bambini, affacciandosi orgogliose dalla finestra, e guardarli mentre risalgono la collina esplodendo colpi di mortaio. Purtroppo queste sono bugie crudeli, bugie che fanno leva sulla disperazione e sul desiderio più ardente della gente che vive qui, nel cuore della Sicilia: non vedere andar via i propri figli. E' per questo che la gente ci crede, vi si aggrappa, a quella bugia. Ecco qual è l’unico documento di valutazione economica che abbiamo prodotto: un documento fatto di sogni, dai quali sono sbocciati altri sogni. I tre sindaci in posa da moschettieri, orgogliosi di aver fatto la storia, stanno invece collaborando a stravolgere per sempre il destino non solo del nostro territorio, ma della nostra isola, vendendoci una messa in scena e delle menzogne. Stiamo facendo un salto nel buio, guidati soltanto da un’allucinazione, da un inganno. Potremmo uscire da questa situazione folle domani stesso: i sindaci potrebbero benissimo revocare quella decisione, i consiglieri potrebbero chiedere un consiglio comunale in cui esprimere o meno la loro adesione a quell’accordo. Sarebbe semplicissimo, se solo non fossimo irretiti dalla nostra stessa immaginazione.
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