top of page
Immagine del redattoreAldo la Ganga

STORIA DEL DOTT. D'ALESSANDRO detto " U PUDDE'N" medico e personaggio nicosiano.



Questo breve racconto immaginario e' dedicato a tutti I medici e a tutti gli operatori sanitari. --------------------------

Così lo ricordano in molti, sempre disponibile, uno sguardo sornione, pantalone scuro e camicia bianca, il pensiero abbandonato al vento, che lo accompagnava e accarezza i pensieri più profondi.

Quando morì, una folla ininterrotta si accostava a rendere omaggio al feretro del medico che per decenni era stato una sorta di santone, uno di quei guaritori che con il solo sguardo riesce a curare anche da un’oscura maledizione.

Parole di circostanza, ma sentite, passavano di bocca in bocca e trovavano il consenso, l’approvazione soddisfatta di ognuno, nella convinzione di aver perduto una parte importante del paese.

Tutti listati a lutto, gli uomini con il bottone nero appuntato all’occhiello della giacca, le donne, in abito scuro e fazzoletto in testa veletta, stringevano un rosario per affidare alla Vergine l’anima del pover’uomo, strappato alla vita.

Terminati i funerali, la grande casa di origini nobili, con tante stanze una dentro l’altra, chiuse per sempre i suoi ampi finestroni alle stagioni del tempo.

Ognuno ritornava nelle proprie abitazioni, con ancora nell’animo la sensazione del triste distacco e nella mente le parole di commiato delle autorità locali che dal pulpito della chiesa di San Nicola si alternavano per ricordare, con parole cariche di trasporto, la rettitudine, l’equilibrio e la dedizione di un uomo che aveva speso la propria vita per aiutare gli altri.

I volti delle persone sedute tra le fila dei banchi erano tirati, affranti e accaldati per il caldo di una primavera inoltrata.

Qualcuno si scambiava sguardi di approvazione per le frasi del sindaco che rievocavano la retorica del secolo passato, altri, invece, sussurravano al vicino brevi frasi sulla vita e sulla morte.

In fondo alla chiesa gli uomini che rimanevano in piedi, lasciavano alle proprie donne la possibilità di occupare i banchi e qualcuna si girava di tanto in tanto per assicurarsi che il proprio compagno stesse seguendo la funzione religiosa e non distraendosi in chiacchiere inutili o addirittura uscendo dalla chiesa, producendo sul sagrato quel chiacchiericcio che tanto infastidiva il vecchio padre Santino.

Una strana atmosfera si era creata quella sera dopo i funerali, il cielo si era coperto di nuvole sottili, un venticello fresco si era alzato, regalando un po’ di respiro dopo l’inconsueta calura del giorno.

Il paese era avvolto da una tenue luce che ispirava pensieri malinconici, il silenzio nelle strade era interrotto solo dai rumori provenienti dalle case.

Un bambino, seduto sul gradino di una casa, aspetta i compagni per l’ultimo gioco, gli uomini si incamminano, come ogni sera, verso la piazza del paese, mentre alcune donne si raccolgono nel cortile di donna Maria.

Le più anziane erano sedute sulle vecchie sedie impagliate, le più giovani, invece, sulla scala che portava ai piani superiori.

Parlavano della giornata trascorsa, del lavoro che avrebbero dovuto fare l’indomani, delle rose del giardino, ma quella sera i discorsi assumevano un altro valore, erano più che mai carichi di circostanza.

Nessuna aveva il coraggio di affrontare per prima quel discorso, come se fosse proibito parlare di chi non c’era più.

Ma quando giunse la domestica che si occupava quotidianamente del medico fu facile iniziare il discorso.

Si sedette tra le donne più anziane, in una posizione che quasi le permetteva di catturare l’attenzione di tutte, e iniziò a raccontare quelle due tristi ultime giornate trascorse a servire il medico del paese.

Inizia lentamente a ricordare quell’uomo: la colazione, il grande pranzo, che il medico gradiva fare sempre allo stesso orario, alle dodici in punto così da garantirgli il riposino pomeridiano e poi le visite che ormai aveva diradato perché in pensione, ma che continuava a fare quando, di tanto in tanto qualcuno del paese ne aveva bisogno.

E poi come di consueto gli amici, tre in totale, che amavano, tra gli scaffali colmi fino al soffitto di libri che avevano l’odore del tempo e dei sigari, quel luogo come una tana sicura. Il tono di voce della cameriera era pacato, degno del miglior narratore. “U PODDE’N ” era morto.

La morte era sopraggiunta per un infarto, il cuore si era praticamente spezzato in due; il povero medico non avrebbe avuto nessuna possibilità di sopravvivere, nemmeno se con lui ci fosse stato qualcuno a soccorrerlo.

L’avvocato , amico sincero del defunto si occupò dell’organizzazione del funerale, aveva avvertito tutto il paese come se fosse morto un suo familiare, era lui insieme ai pochi famigliari ad accogliere le persone alla camera ardente e a ricevere le condoglianze.

Fu lui a far cadere la prima manciata di terra sulla bara calata nella fossa e a lasciare per ultimo il piccolo cimitero del paese ……

A questo punto si interruppe il racconto della cameriera. Allora, cambiò tono e senza farsi pregare, iniziò a raccontare la storia del medico del paese.

Figlio più grande di una famiglia numerosa, visse fin da piccolo nell’apprensione dei genitori, che vedevano in ogni angolo un pericolo per la sua salute, che pur essendo solida, ai loro occhi era minacciata anche da un raggio di sole al tramonto.

Visse nella casa paterna fino ai tempi del liceo, che nonostante le apprensioni dei genitori, frequentò in una città a quasi 200 chilometri di distanza.

Terminati gli studi liceali, si iscrisse alla facoltà di medicina perché quella era la carriera che il padre aveva scelto per lui.

Nonostante la passione per l’astronomia, il giovane portò a temine la carriera universitaria con il massimo dei voti, divenendo in poco tempo uno dei migliori medici della zona.

La posizione che aveva raggiunto non tardò a trasformarlo in un buon partito.

Molte furono le proposte di matrimonio. Si sposo ed ebbe dei figli. E soprattutto dopo la morte dei genitori che si dedicò alla medicina e alla cura dei malati.

I primi tempi sembrò essere timido, ma con il passare del tempo iniziò a condurre una vita sempre più “movimentata”, aveva abbandonato le sue letture, e si era concentrato agli amici, le belle donne, il buon cibo.

È come se si fosse lasciato andare diceva qualcuno, in realtà stava solamente mostrando il suo vero modo di essere, da uomo brillante e generoso..si generoso con se stesso e soprattutto con gli ultimi.

Ancora oggi … gironzolando per i vecchi quartieri sembra di sentire la sua forte voce, l’odore dei suoi vecchi libri, l’aroma del tabacco, il sapore del buon vino e il profumo dell’ultima donna conquistata.

0 commenti

Comments


bottom of page