Premessa: viva sempre il libero mercato.
Fatta questa premessa arriviamo ai fatti: la casa d’Aste Pandolfini mette all’asta la statua della Madonna del Soccorso, che fino ad una settimana fa nessuno neanche sapeva che esisteva questa opera d’arte che, peraltro, ha lasciato Nicosia da più di 150 anni. Ora improvvisamente sono tutti diventati intenditori d’arte e si stanno mobilitando per riacquistare, alla modica cifra di circa 40 mila euro (è un’asta quindi chissà…), la statua per farla tornare a Nicosia. Ora la domanda sorge spontanea: benissimo, spendiamo questi 40 mila euro, riportiamo la statua a Nicosia, portiamola in processione per la prima settimana magari, facciamoci il selfie con tanto di articolo autocelebrativo, e poi? Dove la mettiamo? In un angolo a marcire né più né meno. Abbiamo fatto il museo della montagna che è chiuso (sarebbe interessante capire quanti vanno ad un museo della montagna), abbiamo un soffitto ligneo non pienamente fruibile, abbiamo tantissime chiese e luoghi di sicuro interesse che sono chiuse a doppia mandata. Se ci fossimo veramente interessati d’arte a quest’ora avremmo preso un certo altare set bagno in cattedrale e lo avremmo educatamente posto tra l’indifferenziata/rifiuti speciali e invece abbiamo conferito la cittadinanza onoraria a chi ha voluto fare questo “regalo” alla nostra cattedrale. E ora, improvvisamente, ci scopriamo intenditori d’arte. Direbbe Totò: “ma mi faccia il piacere!”.
Molto meglio che quest’opera venga presa da un cultore d’arte o da agenti d’arte (musei, fondazioni o altro) anche oltreoceano che sappiano valorizzarla. Perché meglio un’opera lontana valorizzata che un’opera portata a casa per un momentaneo vento populista fine a se stesso per poi essere dimenticata chissà dove assieme alle tante altre speranze tradite per Nicosia.
Alain Calò
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