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Francesco Salamone

UN’ALIENA


Santo Stefano di Camastra (ME), supermercato SISA, alla cassa.

Ho comprato prosciutto cotto, panna marca Arborea (sarda), carta igienica in offerta, pasta Molisana, olio di arachide, salvaslip, farina per pizza e sto andando a pagare.

C’è solo una cassa aperta, ma anche io sono solo, nonostante circondato da un nugolo di gente anziana carica di premure, non si sa quali.

Ed è sola anche la cassa; tentenno in uno spazio vuoto presso questa cassa e una voce femminile, da non so quale corridoio!, urla “cassa 2 in apertura”.


(Ce l’ho proprio davanti; viro di mezzo metro e mi ci piazzo: oggi le mie virate sono moviole rispetto a quelle, da fermo, di quando avevo 20 - 30 anni)


Si fa viva, tutta pervasa di frenesia, una matura smandrappata, mia coetanea presumo (ultra50enne cioè), con la spesa raccogliticcia in ogni dove: braccia, tasche, mani ....

Mi dribbla con disinvolta insolenza e mi precede nel mettere la spesa sul banco della cassa annunciata poco prima.

La guardo, interdetto; è già abbronzata, un foulard le copre in parte un viso profilo simil-greco, zigomi pronunciati, occhi verdi, sguardo “losohopremurasifacciadilatopoinediscutiamo”.

Ha un corpo composto, raccolto (si fa per dire!) in un completo jeans.

Non le dico nulla.

Lei dice “Mi scusi, sa? Ho solo queste 2 cose, faccio subito…”

(Gli articoli della signora in effetti sono solo 2; la cassiera, però, non arriva)

Lei dice “Mi ero rilassata fra gli scaffali, quando ho sentito che apriva questa cassa qua, sono corsa… Devo solo farmi battere i pannoloni”.

Continuo a non dire nulla, ma lo sguardo mi si posa sul banco, su questo pacco di pannoloni che la donna si appresta a far battere.

(La cassiera non arriva)


La signora chiarisce “Non sono per me, sono per mia madre, siccome li ha finiti, sono corsa a compragliene un altro pacco…”

Per pudore sposto lo sguardo dalla sua spesa alla mia; nonostante il mio rapporto pessimo con tutto ciò che riguardi “i genitori”, chi ha poco riguardo per il decoro di persone, amici o parenti cari, mi lascia molto perplesso.


Ad ogni buon conto mi concentro profondamente sui miei pacchi di pasta Molisana, accusata di recente di “Fascismo” per avere coniato alcuni tipi di paste coi termini “tripoline” e “abissine”, che adesso mi sembrano ancora più patriottici e nazionalisti (!); la signora dice “Devo scappare via subito perché mia madre a casa mi aspetta che torno coi pannoloni, non so se è da cambiare o cosa… Ho la macchina qua fuori”.

(Quel crescendo di patetiche precisazioni grottesche agisce su di me come un frantumacabbasisi, mi spinge a rifugiare lo sguardo nella mia confezione di panna Arborea, negli angoli in penombra tra la carta igienica in offerta e i salvaslip; non rispondo, mi comporto come se nulla fosse, finché non arriva la cassiera)


Poi la signora parla ancora - non so se con me o con la cassiera – ma io non la sento più, è come se fosse ormai in un mondo lontano.

Un’aliena.

(Forse sono diventato cinico e sprezzante, forse preferirò rimanere con lo sguardo affondato nella penombra della carta igienica in offerta e i salvaslip, per sempre)

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