L'Università popolare, nel pomeriggio di ieri, ha celebrato il 25 Aprile con una lezione tenuta dal dott. Virzì, autore di un lavoro sulla retorica fascista nel ventennio. I presenti hanno aggiunto considerazioni sull'attualità dei temi trattati e i prof. Vanadia e Nigrelli citato aneddoti personali. Dato l'interesse mostrato, l'Università popolare terrà altre lezioni sull'argomento e a fine maggio, si occuperà del delitto Matteotti, in occasione del centenario della sua morte, per mano fascista. Salvatore Virzì ha analizzato la retorica mussoliniana come strumento di grande rilevanza per il consolidarsi del regime attraverso la manipolazione del popolo italiano. Fu il largo impiego di uno stile pieno di figure retoriche, iperboli, pleonasmi e di un’aggettivazione sovrabbondante per rivestire di significato il vuoto del pensiero fascista, che strutturò l'intera dialettica mussoliniana, fortemente, influenzata da Gustave Le Bon e dalla sua «Psicologia delle folle». Mussolini presentò al popolo i miti della Roma antica e identificandosi in Silla e Cesare finì, suo malgrado, come Vespasiano, noto fra i più per gli orinatoi. Il testo di Le Bon uscì a Parigi nel 1895 e sviluppò concetti come gloria, onore , guerra e avversione per tutto ciò che è innovativo. Le Bon affermava che la folla desiderasse un capo energico, risoluto e attivo e Mussolini infatti ebbe a dire: "... quando si lascia al popolo ciò che gli è essenziale...il calore, la forza, il pittoresco, gli si possono togliere alcune altre libertà". E della semplicità di lessico e di sintassi e della ripetizione procrastinata si avvalse Mussolini che utilizzò strutture binarie e ternarie per convincere gli italiani della necessità di mandare a morire figli e mariti in una inutile guerra. Di paradossi , iper aggettivazioni e elenchi snervanti, si servono oggi i demagoghi che vogliono persuadere gli italiani della utilità di scippare le donne della libertà di abortire senza doversi sorbire la catechesi degli anti abortisti, autodefinitesi pro-life per mascherare l'insofferenza verso l'autodeterminazione femminile.
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