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Viva i partigiani leonfortesi

Immagine del redattore: Gabriella Grasso Gabriella Grasso

È doveroso ricordare chi fece la Resistenza per comprendere la storia e mantenere viva la memoria che dopo il ’43 vide l’Italia straziata. Furono 40 e una i partigiani leonfortesi che presero parte alla resistenza. Questo 25 Aprile rivivremo la storia dei giovani combattenti, morti lontano dalle loro case e per la loro Patria, libera e mai più fascista. Leonforte ha avuto molti partigiani e nella piazza e nel busto a Salvatore Grillo, detto “SUD”, tutti li ha concentrati. È tempo di un nuovo antifascismo e dovere degli intellettuali è cercare la verità, e la verità è che la Resistenza è stata una guerra civile combattuta da donne e uomini di diverso credo e appartenenza. Fra i partigiani leonfortesi compare anche un monarchico, il generale Giovanni Trovati. Il generale Trovati aveva combattuto con Rommel in Libia e si era distinto per il valor militare. Non aveva mai preso la tessera fascista e dal 9 settembre del 1943 si era fatto partigiano, aggregandosi al gruppo di Sprovieri “Eroi per la Libertà” e contribuendo alla Resistenza anche con la falsificazione di documenti necessari a superare la linea Gustav. Dopo il 4 gennaio del 1944, Trovati rientrò nell’esercito regolare e nel 1953 venne fatto generale. Dopo l’armistizio di Cassibile, movimenti politici e militari eterogenei si opposero al nazifascismo con intento unitario pur non rinunciando agli opposti orientamenti partitici. Fra i partigiani ci furono comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani e anarchici. Raccontare le diversità vuol dire ridare al 25 Aprile l’unità che merita. La Liberazione è la festa dell’Italia democratica e non può essere intesa come momento divisivo; farlo vuol dire ignorare la storia. La vicenda del generale Trovati mostra la complessità di un monarchico che restando fedele al proprio credo non volle farsi complice di un liberticida appoggiato dal sovrano. La storia deve raccontare le ombre e non limitarsi a illuminare il già noto. Comprendere la demenzialità della narrazione retorica estremizzata in poli contrapposti vuol dire capire il valore e il sacrificio di chi quei momenti visse sulla propria pelle. Grazie ai militari e ai civili vittime dei nazifascisti e ai patrioti caduti nella lotta partigiana, De Gasperi poté fronteggiare l’uditorio ostile della Conferenza di Pace di Parigi del 1946. Un ricordo va a Jan Palach, il giovane cecoslovacco che, il 19 gennaio 1969, si diede fuoco in una piazza per protestare contro l'invasione da parte di un regime totalitarista che non c'entra niente con il fascismo, che è anticostituzionale perché un crimine.




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