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VIVA IL RE, MA QUALE?

Francesco Salamone

Sembra “strano” che in questi giorni si parli con tanta enfasi della Monarchia inglese, ne si ammiri la capacità di guidare un popolo da sempre unito dalla Corona, ma si ignori allo stesso tempo l'evidente fascino e il potere identitario che solo una Casa Reale può suscitare.

(Non fu il nostro caso, dal momento che i Savoia si distinsero per incapacità ed inettitudine. Non è comunque neppure il caso della “perfida Albione”, che fra i dettagli per la morte di Diana Spencer e il volto emaciato di sana ingenuità del nuovo Re, non credo fornisca lustro ad un istituto in piena tormenta di crisi.).


Tuttavia questa nostra ipocrisia nasce da un penoso, ma efficace indottrinamento repubblicano vomitato in scuole e mezzi di informazione, dal '46 ad oggi. Ne siamo imbevuti e ancora oggi c'è chi innalza la tendenziosa idea della Repubblica su un piedistallo, senza capirne la natura e le losche dinamiche di cui necessita per sostenersi e apparire credibile. Istituto repubblicano, val bene ricordarlo, partorito in Italia all’indomani di brogli elettorali per i quali le nostre prefetture hanno dimostrato dottorati di straordinarie capacità.


Nei fatti, sono 75 anni che viviamo un crollo nazionale, identitario, economico e amministrativo. Sono 75 anni che viviamo scandali, accordi mafiosi e cambi di poltrona, consapevoli della ineluttabilità di una condizione simile. Ma tant’è… Secondo ultimissimi sondaggi il neoincoronato Carlo godrebbe di un indice di apprezzamento del 55% tra gli inglesi.

Un dato che impallidisce paragonato a quello di Elisabetta II, ultimo dato all'80%, ma comunque solido se si confrontano gli indici di gradimento dei leader politici italiani dove il più vicino in percentuale risulta essere il macabrogesuitico filoeuropeista Mario Draghi, al 51%! La monarchia in Inghilterra quindi funziona, ha la sua nicchia di stimatori, fa vendere tabloid di discutibile utilità, ma all'occorrenza compatta il paese difronte una famiglia reale che sembra, nonostante tutto, dare costanza e coesione ad una nazione non poco in difficoltà e al guinzaglio dei sedicenti “esportatori di democrazia” d’oltreoceano.

Qui mi sorge una domanda: chi rappresenta invece la coesione da noi? Chi può dirsi parte di quel processo comunitario "più grande" del dibattito di attualità che sfocia in rissa ogni giorno? Se trovassimo almeno un paio di figure più o meno apprezzate negli ultimi anni, riscontreremmo pure mitezza e solidità, necessarie a dare l’impressione di avere più a cuore un progetto, un'idea di obiettivi comuni, contrapposti alle quotidiane coltellate propagandistiche della maggioranza dei partiti? Ma esistono? E se esistessero, avrebbero leadership per fornire uno straccio di responsabilità rispetto, per esempio, alla gestione vaccinale o al vassallo ed incosciente supporto alla Resistenza Ucraina? Per noi italiani e repubblicani, è difficile trovare una coesione perché non abbiamo nessuna "Regina da salvare".


Non sappiamo cosa sia l'italianità, cosa rappresentiamo nel mondo, qual è la nostra storia e la nostra direzione. Non sappiamo neanche quali sono le nostre libertà e responsabilità, perché ci sono state tolte, nonostante sudditi inconsapevoli di una Repubblica che appare sempre più repubblichetta se solo si fregia nella sua patetica retorica “fondata sul lavoro” e, soprattutto, “democratica ed antifascista”.

La Monarchia non è un'idea lontana, ma l'unica forma di governo connaturale ad una società umana, antica quanto l'identità di ogni popolo. Pensando al Risorgimento, dopo averlo però studiato e conosciuto, tenetevi pure la vostra “Ruota di acciaio dentata”!, Io appartengo al simbolo che ha fatto nascere l’Italia e al sangue di chi l'ha costruita!

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